Venerdì sera alla Sala Laudamo ho visto lo spettacolo “Istinto” ideato e diretto da uno straordinario Angelo Campolo, una rivisitazione moderna del Pinocchio di Collodi e ne sono uscita come se avessi preso una raffica di pugni allo stomaco. Non farò la recensione, perché non ne ho la competenza e questa rubrica non è lo spazio adatto, ma invito i lettori ad andare a vederlo (stasera c’è l’ultima replica), nell’ambito del progetto “Laudamo in città”, fortemente voluto dalla compagnia Daf di Giuseppe Ministeri insieme ad Angelo Campolo e Annibale Pavone (val la pena sottolineare che sono i nostri talenti che lasciamo andar via ma che hanno il cuore conficcato nelle radici dello Stretto). Niente recensione quindi per un’opera collettiva, con 30 giovani artisti che dal palcoscenico lanciano frecciate all’anima, che ha avuto su di me l’effetto di un pugno allo stomaco. Perché in questo Pinocchio 2.0 le bugie non le dice il burattino fatto carne e sangue, ma le diciamo noi, i genitori, i Mastri Geppetti del 2000. E i 30 burattini che Mastro Geppetto va a scegliersi in un centro estetico tra una iniezione di botulino ed un elisir di lunga vita, sono la generazione perduta, quella dei nostri figli. La storia di Pinocchio è l’urlo di rabbia e di amore di una generazione che non ha futuro. Il Pinocchio di Istinto è il manifesto di una generazione uccisa dai suoi stessi padri. Mi sono vergognata perché ho visto questi ragazzi spiattellarci davanti agli occhi quel che abbiamo lasciato loro in eredità, un Paese dei balocchi ridotto in macerie e nel quale per loro non c’è spazio e non c’è spazio per la verità, i sogni, l’amore, la bellezza. Oserei dire che i 30 ragazzi e il regista e l’autore, non hanno recitato, hanno “vissuto”, hanno continuato a vivere sul palco i loro giorni. Se Pinocchio nasce nel 2014 ha un padre che ha sostituito i valori con il chirurgo estetico, uno zio che si è arricchito tra bugie e opportunismo, una famiglia che gli insegnerà che non conta quello che sei ma “a chi appartieni” o se hai qualcuno a cui dire grazie, e che non importa quanto vali ma se riesci a “ziccare”. Mai termine più appropriato di quello scelto da Campolo per indicare un sistema. Così i moderni Pinocchio scoprono che non potranno più entrare nel Paese dei balocchi, quel luogo in cui “sei felice se sei ziccato alle poste, o se qualcuno ti ha fatto ziccare non importa dove, basta che zicchi”. Abbiamo partorito un’intera generazione che non potrà “ziccare” da nessuna parte, una generazione che non ha futuro e proprio perché non ce l’ha non ha neanche il senso del tempo. Se non hai futuro non ha importanza come trascorri le ore, il tempo perde valore. Splendida la scena delle ragazze che si dicono che non avranno figli e quella in cui l’esercito dei Pinocchi ripete frasi che sentiamo ogni giorno: “ancora due minuti e mi alzo dal letto”, “ancora due anni e mi laureo”, “ancora un paio di anni e mi sposo”, “ancora un po’ e lui cambierà”, “ancora qui a Messina resti?”. Se sai che non hai futuro allora il tempo si dilata e perde il suo senso. Che importa se ti laurei tra un anno o dieci se tanto poi non troverai lavoro?
L’altro giorno ho letto un articolo del collega Roberto Puglisi su Livesicilia dal titolo “Il merito al tempo di Nelli”, al secolo Nelli Scilabra, la studentessa universitaria diventata assessore regionale alla pubblica istruzione e alla formazione, in quota Lumia-Crocetta, della quale i suoi coetanei ricorderanno negli anni a venire il flop del Piano giovani e gli 8 mila dipendenti della formazione le lacrime che continuano a versare perché senza stipendi e risposte. Per lei, dopo l’uscita dalla giunta il governatore ha annunciato un comodo posto (e stipendio) tra gli alti dirigenti della Regione. Nell’articolo Puglisi si chiedeva perché mai dovremmo convincere gli studenti che in questi giorni occupano i licei per protesta, dicendo loro che è più importante studiare e maturare per poi sentirsi rispondere: “ma voi adulti che esempi ci state dando? Che mondo ci lasciate? Un mondo dove il merito è bandito e non conta quanto vali ma a chi appartieni”. Il discorso non fa una grinza dal Garibaldi di Palermo al Maurolico di Messina. Perché dovremmo dire a questi studenti che occupano che stanno perdendo il tempo più prezioso della loro vita? Perché, se appena varcheranno quel portone saranno stritolati da un sistema che umilia il merito e si inginocchia alle mille forme di raccomandazione? Vi è di più. In tempi di crisi anche la raccomandazione ed i suoi fratelli si fanno avari e se prima, ad esempio, su 4 posti almeno uno andava ad un raccomandato bravo adesso, su 2 posticini rimasti non c’è scampo per la speranza. Ecco il grido di Pinocchio del 2000. Che non è: “ Papà Geppetto trovami la raccomandazione”. Io sono mamma e so con assoluta certezza che un genitore oggi sarebbe disposto a tutto per vedere il proprio figlio con la serenità di un lavoro e di uno stipendio. Ma loro non ci chiedono la raccomandazione. Anzi, noi a loro facciamo schifo. Il Paese dei nostri balocchi, pieno di bugie, di saltimbanchi, di giullari, di cortigiani, a loro fa schifo. Loro hanno un pianeta di idee di sogni, di progetti e noi gli facciamo schifo perché li abbiamo fatti nascere in una gabbia. E’ come se avessimo partorito generazioni senza ali o, peggio, con le ali legate. Abbiamo creato una generazione di diversamente liberi, che non saranno mai liberi di scegliere la loro vita, i loro errori, di scegliere se e come e quando essere se stessi. Resteranno per sempre ancorati a quella frase: “ancora un paio d’anni e mi laureo”. Che senso ha apprendere, imparare a lottare per le tue idee se poi stiamo consegnando un Paese che è la violazione stessa di quei valori. Perché dovrebbero sgobbare se poi già all’Università saranno costretti ad ascoltare lezioni ed essere esaminati da docenti che non sono lì per merito? Intere famiglie di professori con gli stessi cognomi e la stessa targhetta sul citofono. E non cambia se vai in ospedale e magari mentre sei lì speri che il nipotino che sta per visitarti sarà all’altezza del nonno luminare. E non cambia in tutti i gesti della vita quotidiana perché il sistema della raccomandazione è un pianeta che copre 24 ore e va dalla licenza per aprire il negozio alla lista d’attesa per un’ecografia, fino ai test d’accesso alle facoltà. Abbiamo creato una società fatta di caste sempre più ristrette e chiuse. A volte penso che ormai solo nei talent show della De Filippi esiste il merito (e ho detto tutto). Dai tempi di Collodi ad oggi si è capovolto il mondo e Mastro Geppetto ha donato al figlioletto una casa fatta di bugie e falsità e non riusciamo a cambiarla, non ne abbiamo più la forza e la voglia. Alle regionali dell’Emilia Romagna ha votato solo il 37%, il 63% è rimasto a casa sapendo che ci stanno togliendo pezzo per pezzo la gioia della democrazia. Ci hanno tolto la democrazia di scegliere chi votare e tra non molto sarà solo una comunicazione che arriverà a casa: “Gentile dott.Brancato, le comunichiamo che in data 27 dicembre 2015 abbiamo scelto per Lei i seguenti deputati regionali, da noi ritenuti i migliori. Le rendiamo altresì noto che tra sei mesi ci saranno le Politiche e il Partito Nazionale sceglierà per Lei le quote rosa che meglio Le si confanno”. E quel che è peggio è che ci prenderanno per stanchezza e noi diremo si.
Scusami Pinocchio se ti ho dato gambe e braccia per muoverti in una gabbia, se ti ho dato occhi che guarderanno vergogne, orecchie che ascolteranno bugie e promesse e una bocca imbavagliata per non farti gridare,scusami se ti ho dato un cervello che ti farà solo soffrire di fronte a ciò che osserverai. Sarebbe stato mille volte meglio lasciarti tronco. Ma io sono Mastro Geppetto e l’unico sogno che mi resta è che tu sia migliore di me e insieme alla Fata Turchina prendi il mio castello di bugie e lo butti giù e mi liberi. E voleremo sulle tue ali.
Rosaria Brancato