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Donne vittime di violenza, “Raggio di sole” aspetta dal Comune 120mila euro

MESSINA – La cooperativa “Raggio di sole”, onlus che gestisce una struttura d’accoglienza per donne vittime di violenza, rischia di dover far trasferire alcune donne in altre “case”, a causa del mancato versamento da parte del Comune di Messina di 120mila euro. Si tratta della cifra relativa alle rette che Palazzo Zanca non ha ancora versato nel periodo compreso tra giugno 2023 e maggio 2024 e per il quale la cooperativa ha nelle scorse ore inviato un sollecito, dopo diverse interlocuzioni avute nelle ultime settimane. La struttura gestita da “Raggio di sole” è per 10 utenti, 4 delle quali sono, appunto, a carico del Comune di Messina.

Dal canto loro, da Palazzo Zanca rassicurano che sia soltanto questione di settimane, con uno slittamento legato alla burocrazia. L’iter prevede adesso l’approvazione del bilancio consuntivo da parte del Consiglio comunale, con il 30 giugno come data ultima possibile. Dopo passeranno un altro paio di settimane, tre al massimo. Entro fine luglio la questione dovrebbe essere sistemata.

Interpellato da Tempostretto, il sindaco Federico Basile ha spiegato: “Il tema non riguarda solo la cooperativa Raggio di sole ma anche altre realtà che ho incontrato. Abbiamo in corso l’ultima manovra di bilancio per completare un iter che molto spesso non è così spedito come dovrebbe. Ho avuto modo, diciamo così, di comunicarlo. Mi rendo conto che il tempo è un elemento fondamentale. Capisco l’esigenza e stiamo facendo di tutto per colmare un gap che riguarda la burocrazia e non la volontà politica”.

Il sollecito

Ma andiamo con ordine nel ricostruire la vicenda, partendo dal documento ufficiale inviato dalla cooperativa alla prefettura, all’assessorato regionale alla Famiglia e al Comune di Messina (al sindaco Basile, al direttore generale Puccio e all’assessora alle Politiche sociali Calafiore), in cui viene sottolineato come “nonostante la mancanza ricezione delle spettanze dovute” è stato “garantito a tutte le ospiti, congiuntamente ai figli minori, l’espletamento delle azioni previste di supporto, sostegno e protezione, costruite e condivise con le singole donne e suggellate in un progetto individualizzato costruito in base alle proprie specifiche esigenze e bisogni psico-fisici”.

E “nonostante le crisi di liquidità”, la cooperativa ha spiegato di aver “provveduto quotidianamente ad affrontare le spese per il fabbisogno delle donne e dei loro figli, tra cui anche beni e servizi non compresi nella retta giornaliera, come l’acquisto di vestiario, nuove schede sim per garantire la massima protezione delle donne ospiti e dei minori, le spese per la refezione scolastica dei minori e le iscrizioni presso le colonie estive per permettere alle donne di continuare le attività lavorative”. Spese che, oltre al vitto e all’alloggio, la cooperativa non può più sostenere da sola.

Ma cosa c’entra il Comune di Messina? La presidente della cooperativa ha spiegato a Tempostretto: “Il Comune fa richiesta d’inserimento presso Case d’accoglienza per donne vittime di violenza. La struttura giornalmente affronta dei costi come vitto e alloggio, ma non soltanto questi. Ci sono costi non previsti legati al vestiario o alla partecipazione ad attività al di fuori delle strutture. Sono spese che vengono affrontate giornalmente. Il Comune di Messina da giugno 2023 a maggio 2024 non ha versato le somme dovute”.

Diversi incontri tra la presidente della cooperativa e il sindaco

Poi la presidente della cooperativa ha spiegato: “Io ho avuto incontri sia con il sindaco Basile sia con il dirigente De Francesco, telefonicamente e di presenza. Mi era stato garantito ultimamente, circa un mese fa, durante un incontro in cui c’era anche il direttore generale Puccio, che le somme sarebbero state liquidate entro maggio. A inizio anno mi è stato detto che il problema riguardava l’approvazione del bilancio. Credo che sia stato approvato, ma non è stato fatto nulla. Sono a conoscenza che sono state pagate rette per le comunità alloggi per minori o per disabili psichici, non capisco perché non pagare le rette per gli alloggi di donne vittime di violenza”.

“Il rischio è che le donne siano trasferite”

La sopravvivenza passa quindi “dall’anticipazione temporanea delle fatture emesse, con garanzie personali prestate dai responsabili degli enti. Solo che alla scadenza, indipentemente dal pagamento dei Comuni, le banche e gli istituti di credito impongono la restituzione delle somme anticipate. E le stesse pubbliche amministrazioni, prima di liquidare le somme, richiedono il Durc, il documento che attesta la regolarità contributiva”.

Un cane che si morde la coda. “Il rischio – ha proseguito – è che le donne vengano trasferite in altre strutture. Così si interromperebbe un percorso di autonomia e fuoriuscita di queste donne, che ad oggi lavorano tutte. Abbiamo provveduto a trovare borse lavoro in aziende in zone limitrofe alla struttura, ad esempio. Ma in ballo c’è anche l’iscrizione dei bambini alle colonie, l’inserimento sociale, è tutto un percorso che viene messo a rischio”.

E poi ha concluso: “Noi ci sentiamo abbandonati da parte di tutte le istituzioni, non mi riferisco soltanto ai Comuni. Ci sono anche altri enti che non sentiamo vicini, non abbiamo alcun supporto. Viene spesso calpestata la dignità dei lavoratori: è vero che è una nostra scelta lavorare in questo campo ma non abbiamo scelto di non avere stipendi per sei mesi. E per le donne vittime di violenza è una ulteriore violenza quello che sta succedendo”. Il tempo scorre.