Il primo siluro è partito il 20 luglio, con destinazione Ministero delle Politiche agricole e Assessorato regionale all’agricoltura.
I tre sindaci dell’isola di Salina, solitamente poco propensi a far squadra, hanno siglato la Triplice Alleanza per difendere con ogni mezzo possibile quel che la natura e il sacrificio degli antenati ha dato alle loro terre: il cappero.
Clara Rametta (sindaco di Malfa), Domenico Arabia (sindaco di Santa Marina di Salina) e Riccardo Gullo (sindaco di Leni) nella missiva trasmessa al Ministero (direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare) ed all’assessore Cracolici si oppongono all’iter per la dichiarazione DOP (denominazione d’origine controllata) del CAPPERO DELLE EOLIE.
Destinatario della dichiarazione di guerra è il Comune di Lipari che a maggio ha avviato l’iter per il disciplinare che dovrebbe portare alla DOP e che nel corso di uno degli incontri conclusivi, a giugno, ha fatto andare su tutte le furie i produttori e gli amministratori di Salina, unica isola dove, da tempo, le distese di capperi sono talmente diffuse da farle attribuire l’appellativo di “isola verde”.
Se DOP dev’essere, dicono i 3 sindaci, deve denominarsi cappero di Salina, esattamente come è conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo, e ricordano che da 2 anni è in corso l’iter per ottenere l’IGP ( indicazione geografica protetta) e da 15 anni il cappero prodotto nell’isola è presidio Slow food.
Le prime avvisaglie della guerra del cappero sono scoppiate sul finire del mese di giugno, dopo la riunione a Lipari con i rappresentanti sia del Ministero che della Regione tenutasi per procedere con l’approvazione del disciplinare tra i vari comuni.
Negli ultimi anni i capperi di Salina hanno dovuto fare i conti con la concorrenza dei prodotti provenienti dai Paesi nordafricani (Marocco in testa), a prezzi più bassi ma soprattutto non della stessa elevata qualità. Da qui la proposta di un Comitato di Lipari e poi lanciata dal sindaco Giorgianni con la richiesta alla Regione ed al Ministero, di ottenere il DOP e quindi sia la tutela che i controlli per evitare le contraffazioni. A far storcere il naso ai sindaci di Salina è stato il nome quel “Cappero delle Eolie” che non corrisponde alla realtà dei fatti, né storica, né geografica.
L’iter prevede 90 giorni per presentare ricorso e così la “Triplice Alleanza del cappero” ha alzato la bandierina dello stop, bloccando la procedura presentata da Lipari, considerata la “capofila” dell’arcipelago e ben difesa da numerosi big politici.
Così i piccoli Davide ci stanno provando alla guerra contro Golia.
“L'attività di produzione del cappero di Salina si sviluppa in epoca contemporanea a partire dagli anni '60 del XX secolo e nel corso di questo periodo ha alimentato un circuito economico e sociale di notevoli dimensioni per l'Isola, attraverso una crescita delle aziende agricole presenti sul territorio- si legge nel ricorso- Salina nel corso degli anni, si è affermata come centro della produzione italiana di qualità del cappero e, fino all'avvento del turismo, la sua coltivazione ha costituito il motore trainante dell'economia agricola isolana. La pianta del cappero rappresenta una parte integrante del paesaggio di Salina come testimoniano i numerosi cappereti presenti sul territorio”.
I sindaci ricordano come proprio per promuovere a livello nazionale ed internazionale il cappero di Salina da 26 anni viene organizzata a Pollara (frazione di Malfa) la Sagra del cappero. Sin dagli inizi del 2000 inoltre la produzione ha ottenuto il positivo riscontro della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus, divenendone presidio a testimonianza dell'unicità del prodotto. Nell’agosto dello scorso anno è stata inoltre avviata la procedura di riconoscimento I.G.P. del Cappero di Salina presentata dal "Consorzio di Tutela del Cappero e Cocuncio" , scelta che nasce dalla necessità di tutelare un prodotto agricolo tipico dell'Isola di Salina e che storicamente è riconducibile all'isola stessa.
“Preso atto delle richieste provenienti dal "Consorzio di Tutela del Cappero e Cocuncio" e dai numerosi piccoli produttori presenti sull'isola, che costituiscono una grande risorsa per l'economia locale- scrivono i sindaci– Abbiamo ritenuto necessario tutelare un prodotto tipico le cui specificità sono dovute alla natura dei terreni e al microclima tipico del territorio dell'isola, conosciuta anche come l'Isola Verde. Visto il Disciplinare di Produzione della Denominazione di Origine Protetta "D.O.P. Cappero delle Isole Eolie" comunichiamo la non condivisione del riconoscimento D.O.P. del Cappero delle Isole Eolie e chiediamo la modifica dell'art. 3 (zone di produzione) con l'esclusione dell'intero territorio amministrativo dei Comuni di Santa Marina Salina, Malfa e Leni”.
Tutti d’accordo sull’idea che capperi provenienti da altri Paesi non debbano essere spacciati per quelli di Salina, è la tesi dei sindaci, ma denominarli Capperi delle Eolie sarebbe un falso storico e cancellerebbe la provenienza originaria. Come evidenziano i primi cittadini di Malfa, Leni e Santa Marina di Salina, i capperi sono un prodotto legato all’isola sin dall’800 e nel secolo scorso Salina era meta di quanti, dopo averli acquistati, li rivendevano nei loro esercizi commerciali. Le produzioni delle altre isole Eolie, sono più recenti e di piccole quantità.
“Non puoi definirti produttore se hai iniziato a piantare capperi solo negli ultimi anni e solo alcune piantine. Comprendiamo la legittima aspettativa di puntare ai finanziamenti europei, purchè si ristabilisca la verità e non lo si faccia con il nostro marchio”.
Il siluro spedito il 20 luglio a Roma e a Palermo potrebbe affondare l’intero iter, ma adesso l’ascia di guerra è stata dissotterrata…..
Rosaria Brancato