Il rettore Francesco Tomasello resta in sella. La condanna in primo grado a tre anni e sei mesi per le presunte pressioni esercitate nel Concorso alla Facoltà di Veterinaria non avrà alcuna conseguenza sul proseguo del suo mandato, come lui stesso riferisce in una lettera scritta alla comunità accademica esattamente 24 ore la lettura della sentenza .
«Carissimi- si legge testualmente nella missiva – non entro nel merito di una decisione giudiziale che mi riguarda e si riferisce a condotte che, comunque, non ho in alcun modo tenuto . Mi rivolgo a voi che conoscente le ineludibili norme di legge e la fisiologia delle dinamiche universitarie e sapete perfettamente che le condotte addebitatemi non sarebbero state praticabili, in nessun caso e da parte di nessuno, meno che mai alla luce dei vigenti ordinamenti. Risulta, altresì, chiaro che le storie personali di correttezza e di dedizione istituzionale rischiano di perdere valore nell’altrui considerazione. Forse, ciò che appare pesare di più è il loro esatto contrario».
Tomasello difende strenuamente il suo operato, respinge le accuse e promette di portare sino in fondo il suo compito istituzionale : «Nel rivendicare con forza la mia estraneità ai fatti che mi vengono addebitati, certo che, prima o poi, la verità dovrà emergere in modo chiaro, so che ciascuno di voi ha toccato con mano, in una infinità di occasioni, la mia concezione dell’etica pubblica, la limpidezza della mia azione di governo e il mio rigoroso rispetto della regolarità degli atti sia amministrativi che contabili, in ciò sempre confortato da autorevoli consulenze giuridiche. Con la forza morale che deriva da questa consapevolezza e dai risultati conseguiti, di cui tutti andiamo fieri, non esiterò un solo momento e porterò a compimento, con la necessaria determinazione e con le mie migliori energie, l’opera iniziata».
Preoccupato per le profonde divisioni interne all’Ateneo, quasi come se ciò che è accaduto fosse frutto di una congiura che nasce dentro le mura dell’Università, Tomasello avvisa: «La comunità accademica, tuttavia, si deve interrogare sulle improprie conflittualità che, ancorché limitate, continuano a persistere al suo interno, portando a un inevitabile autolesionismo, e deve saperle individuare e isolare sul piano istituzionale in modo adeguato. Bisogna soffermarsi una volta per tutte, coinvolgendo anche la comunità locale, sul destino dell’Università nella nostra realtà e sulla percezione esterna del suo autentico e insostituibile ruolo sociale. Bisogna riaffermare la forza e il valore del nostro progetto, di cui tanti e non pochi hanno apprezzato l’elevato profilo e le ricadute positive, e svilupparlo ulteriormente, per una crescita complessiva del sistema, senza mortificarlo con calcoli poco lungimiranti. Per tali ragioni, sarà necessario considerare attentamente gli scenari che si prospettano, valutando le implicazioni di ogni decisione strategica nel particolare contesto in cui viviamo e nella difficile stagione del Sistema universitario italiano».
Il Magnifico, dunque, non solo non si arrende alle difficoltà del presente, ma guarda addirittura al futuro, in qualità di rettore in carica ma soprattutto di presidente della Fondazione universitaria, che gli permetterà di svolgere un ruolo di primo piano anche quando il suo mandato sarà scaduto – mancano pochi mesi per le elezioni – e sulla sua poltrona ci sarà un altro.