Le urne si sono chiuse e le elezioni regionali sono state archiviate, ma a Messina i giochi si aprono adesso. I risultati elettorali avranno un peso anche oltre la competizione del 5 novembre. I numeri conquistati sul campo dai candidati diventeranno la cartina di tornasole da cui partire per rivendicare leadership e potere decisionale all’interno dei partiti di appartenenza. Riflettori puntati soprattutto su Forza Italia e Partito democratico.
A Messina il partito di Berlusconi dovrà fare i conti con il primato indiscusso di Francantonio Genovese, il quale candidando il figlio Luigi ha portato alla lista quasi gli stessi voti (lo scarto è di circa mille preferenze) che cinque anni fa avevano spalancato le porte dell’all’Ars al cognato Franco Rinaldi. Un risultato numericamente eccezionale ottenuto nonostante due circostanze iniziali teoricamente sfavorevoli: una sul piano giudiziario, cioè la condanna a 11 anni in primo grado dell’ex sindaco; l’altra sul piano politico, cioè il cambio di casacca avvenuto alla fine del 2015, quando Genovese, pochi giorni dopo la fine dei domiciliari, lasciò il Pd per approdare in Forza Italia, portandosi dietro una numerosa truppa di consiglieri comunali e di quartiere. Truppa che nel frattempo è addirittura cresciuta.
17.359 persone, tra Messina e provincia, hanno dimostrato di essere poco interessate sia ai guai giudiziari di Genovese, che riguardano non solo il deputato ma gran parte dei componenti della famiglia (moglie, cognato e cognata), sia al trasformismo e a quel salto dal centrosinistra al centrodestra che tanto scalpore aveva suscitato due anni fa.
La lista di Forza Italia è stata la più votata nel Collegio di Messina in controtendenza con quanto avvenuto a livello regionale, dove a farla a padrone è stato il Movimento Cinque Stelle. Sebbene sia stato certamente importante il contributo fornito da tutti i candidati forzisti, che sono andati benissimo, è un dato incontestabile che il più votato sia stato Luigi Genovese, il quale ha staccato Tommaso Calderone, il secondo più votato in Forza Italia, di circa 4mila preferenze.
Calato il sipario sulle elezioni regionali, Genovese è dunque pronto a far valere l’enorme pacchetto di voti in altre sedi.
Alla prima competizione elettorale dopo la condanna in primo grado per lo scandalo della Formazione ed il rinvio a giudizio nel processo Matassa, in cui l’accusa ipotizza vari reati tra cui l’associazione a delinquere finalizzata alla truffa, Genovese ha dimostrato di essere ancora lui mister preferenze. Magari non più “mister 20mila preferenze” come era stato ribattezzato quando si presentò alle primarie del Pd, risultando il più votato in tutta Italia, ma mister 17mila (e più) preferenze decisamente sì. Ed è un dettaglio che il deputato neo eletto all’Assemblea regionale si chiami Lugi, perché il marchio di “garanzia” è il cognome Genovese.
Alla luce del successo elettorale, Francantonio Genovese – dopo essere stato il primo segretario regionale del partito democratico e leader indiscusso del Pd a Messina – è pronto a prendere in mano le redini di Forza Italia. In un partito in cui l’investitura popolare da sempre conta molto più della questione morale, la strada appare tutta in discesa, anche per il rapporto privilegiato che ha instaurato con il coordinatore regionale azzurro Gianfranco Micciché. L’unico intoppo potrebbe arrivare dalle sentenze della magistratura, ma con il figlio adesso in campo la leadership potrebbe comunque restare una questione di famiglia.
All’indomani dell’elezioni regionali c’è un altro aspirante leader a Messina. Stavolta in casa Pd. E’ il rettore dell’Università Pietro Navarra. Il suo candidato, il direttore generale dell’Ateneo Franco De Domenico, è stato eletto all’Assemblea Regionale Siciliana, incassando ben 11.224 preferenze. Un bottino di tutto rispetto che pesa eccome in un partito in calo di consensi. Basti pensare che alle elezioni regionali del 2012, il partito democratico, che aveva tra le sue file ancora Genovese, prese nel Collegio di Messina 51.044 voti ed una percentuale del 19%, mentre nel 2017 i voti sono scesi a 31.509 e la percentuale all’ 11,51%. La corrente accademica del partito democratico dunque si fa largo a suon di preferenze. Ma Navarra oggi rappresenta una delle istituzioni pubbliche più importanti della città e molti avversari politici non gradiscono questo suo impegno politico mentre è ancora a capo dell’Università di Messina. Il suo mandato scadrà nel 2019, ma con la discesa in campo di De Domenico, che dovrebbe tra l’altro preludere alla sua personale candidatura alle elezioni politiche, Navarra lascia intuire che non considera incompatibile la sua carica di rettore con l’attività politica.
La forza elettorale dimostrata in questa tornata elettorale potrebbe presto spostare gli equilibri già precari del partito democratico messinese.
Le varie componenti del Pd locale non vedono di buon occhio l’avanzata della corrente universitaria, la grande affermazione di De Domenico ha creato non poco scompiglio nelle ultime ore. Il gruppo universitario adesso fa paura sul serio, tanto che all’interno ci sarebbe un appello all’unità per contrastarne o comunque arginarne l'ascesa , prima che si “impossessi” del partito mettendo in un angolo tutte le correnti che dalla fuoriuscita di Genovese si contendono, senza successo, la leadership. Navarra però può contare anche sull’appoggio del segretario nazionale Matteo Renzi, con cui ha instaurato un filo diretto come emerso chiaramente in occasione della firma del Patto del Sud, avvenuta guarda caso nell’Aula Magna dell’Università e costellata da continui apprezzamenti dell’ex presidente del Consiglio nei confronti del rettore dell’Ateneo Peloritano. Nelle prossime settimane, sarà più chiaro come influirà il risultato elettorale nelle dinamiche interne al partito democratico.
Intanto, a pochissimi giorni dalle elezioni regionali, Genovese in Forza Italia e Navarra nel Pd sono pronti ad avviare la scalata nei rispettivi partiti.
Danila La Torre