Una giovane mamma in attesa del secondo figlio e rimasta sola che viene assistita e accompagnata, un uomo malato e abbandonato per il quale viene trovato un posto in una casa di accoglienza, esodati e licenziati che non possono più pagare l’affitto e garantire un tetto ai propri figli, per i quali si cerca lavoro o si forniscono sussidi, persone affette da disabilità psichiche o fisiche che vengono accompagnate nell’iter della richiesta di pensione di invalidità, la coppia che vuole sposarsi ma soffre per l’assenza delle rispettive famiglie d’origine, e che viene aiutata a riallacciare rapporti: storie tutte emblematiche, ognuna diversa dall’altra, che attraversano il territorio della Diocesi e interrogano la Chiesa locale. Ed è soprattutto alle storie che il rapporto dei Centri di ascolto della diocesi presentato ieri, venerdì 6 giugno, nella Giornata di verifica annuale, affida il compito di raccontare nuove e vecchie povertà che descrivono quella “emergenza sociale” alla quale – come ha detto padre Gaetano Tripodo, Direttore della Caritas Diocesana – “può porre rimedio solo una sussidiarietà che veda contribuire al bene comune tutti i componenti della comunità, i soggetti pubblici come quelli privati”. Con una media di due azioni e almeno quattro incontri per ciascun caso, con 288 le famiglie “ascoltate” e 572 interventi effettuati, gli oltre cento operatori dei 22 Centri di ascolto della diocesi (quello diocesano, che ha sede alla Caritas, in via Emilia 19, e gli altri distribuiti in diverse parrocchie) hanno cognizione della situazione del territorio. Una condizione di grave difficoltà sociale, esistenziale ed economica tocca tutta l’area, ma particolarmente disagiata è la condizione delle famiglie di Messina Sud (per le quali si registra circa il 40% degli interventi resi) mentre diventa sempre più pesante la condizione dei migranti (che rappresentano più di un quinto degli ascolti effettuati dal Centro diocesano). Tuttavia – come hanno detto ad una voce padre Tripodo e Chiara Pistorino, referente del Centro d’ascolto diocesano, Centro che ha donato in un anno più di 110 mila euro per affitti, bollette, acquisto di libri e farmaci – “non si tratta di fare beneficenza, né solo di compassione, l’impegno necessario è quello di una condivisione che miri a costruire relazioni umane consapevoli, autentiche e capaci di dar vita ad un sostanziale cambiamento della società”, a stili di vita diversi, meno consumistici, più improntati all’essenzialità, ad azioni solidali che siano un moto intimo e profondo, a empatia e comprensione. E’ questa, d’altronde, la linea-guida dell’attività dei Centri. Lo dimostra anche il fatto che non sono l’una la fotocopia dell’altra le tre “mappe” costruite sulle richieste ricevute, sui bisogni profondi emersi durante gli incontri e sugli interventi resi. Le tre “mappe” vedono tutte al primo posto il problema economico, ma con una significativa differenza del peso percentuale. I sussidi economici rappresentano, infatti, il 67% delle richieste ricevute, il 40% dei bisogni emersi e il 44,67% degli interventi resi. Risultano inoltre diversi gli ambiti che si posizionano ai “posti” successivi, così che, per esempio, al secondo posto ci sono i beni e servizi materiali, (10%) per le richieste, il lavoro (15%) per i bisogni e l’alloggio (18%) per gli interventi, mentre al terzo posto ci sono scuola e istruzione (6,5%) per le richieste, problematiche abitative (9,4%) per i bisogni, beni e servizi materiali (16%) per gli interventi.