Il presidente del Consiglio Draghi ha dedicato ampia parte del suo discorso al Senato alla parità di genere, e non è un dettaglio irrilevante. E’ consapevole che la parità di genere oggi non è alta filosofia da salotto ma unica via per lo sviluppo e per il rilancio dell’economia. E’ inoltre consapevole che la parità di genere non è solo una questione di asili nido ma di pari opportunità nella FORMAZIONE, nonché parità salariale. Senza le donne l’Italia non riparte. Era già azzoppata prima, figuriamoci adesso.
E mentre il premier diceva basta all’applicazione del “farisaico rispetto delle quote rose”, in quelle stesse ore, in Sicilia continuava a consumarsi la ridicola lite in maggioranza tra chi dovesse “sobbarcarsi l’amaro calice” dell’assessora in giunta. Praticamente tra Roma e Palermo una distanza siderale. Riporto la parte del discorso che Mario Draghi ha riservato alla parità di genere, sebbene sia altrettanto rilevante quanto detto sui giovani e sul Sud.
“La mobilitazione di tutte le energie del Paese nel suo rilancio non può prescindere dal coinvolgimento delle donne- ha dichiarato in Senato- Il divario di genere nei tassi di occupazione in Italia rimane tra i più alti di Europa: circa 18 punti su una media europea di 10. Dal dopoguerra ad oggi, la situazione è notevolmente migliorata, ma questo incremento non è andato di pari passo con un altrettanto evidente miglioramento delle condizioni di carriera delle donne. L’Italia presenta oggi uno dei peggiori gap salariali tra generi in Europa, oltre una cronica scarsità di donne in posizioni manageriali di rilievo”.
Il programma del nuovo governo ha quindi individuato una priorità, il riequilibrio di un gap che affonda le radici nel dopoguerra. Il divario occupazionale è uno dei peggiori d’Europa e, come se ciò non bastasse, viene amplificato dal fatto che comunque, le donne che lavorano hanno un salario più basso e raggiungono livelli di carriera più bassi rispetto ai colleghi. Insomma, al massimo possono aspirare, dopo anni di carriera, al posto di “vice” (come peraltro sta accadendo nel governo con il Pd che corre ai ripari con i nomi per i ruoli di sottosegretari/e e vice ministri/e).
Sull’aspetto delle donne in politica Draghi è stato più esplicito facendo riferimento a quella sorta di ipocrisia nazionale applicata a tutti i livelli territoriali. Non basta indicare le quote se in realtà non si agisce alle radici del gap. Ma oltre alle quote rosa in politica Draghi evidenzia un gap anche nelle condizioni competitive, ovvero nel momento della formazione. E qui entra in ballo un intervento normativo a supporto della parità di genere che non può limitarsi agli asili nido o ai supermercati aperti all’ora di pranzo.
“Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi- ha dichiarato Draghi- Intendiamo lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro.
“Garantire parità di condizioni competitive significa anche assicurarsi che tutti abbiano eguale accesso alla formazione di quelle competenze chiave che sempre più permetteranno di fare carriera – digitali, tecnologiche e ambientali- ha continuato- Intendiamo quindi investire, economicamente ma soprattutto culturalmente, perché sempre più giovani donne scelgano di formarsi negli ambiti su cui intendiamo rilanciare il Paese. Solo in questo modo riusciremo a garantire che le migliori risorse siano coinvolte nello sviluppo del Paese”.
E’ chiaro che se nell’accesso alla formazione delle competenze chiave si registra uno squilibrio questo continuerà a ripetersi su tutti gli altri livelli successivi. Mentre il presidente Draghi pronunciava queste parole, inserendole peraltro prima di altri argomenti, sottolineando così come queste siano PREMESSE INDISPENSABILI, in Sicilia continuava ad andare in scena la farsa dell’inserimento nella giunta Musumeci di una donna prima che il 25 febbraio il Tar ci faccia fare una figuraccia planetaria.
Come una patata bollente la casella dell’assessora passa di gruppo in gruppo e nessuno la vuole, “ma perché deve per forza toccare a me?”. E nessuno arrossisce. Verrebbe quasi da dire: ma tenetevela questa squadra di uomini piuttosto che assistere a questo indecoroso balletto. Non sappiamo chi berrà quello che per la maggioranza Musumeci è “un amaro calice”, ma un fatto è certo, sentire Draghi al Senato in contrapposizione a quanto si ascolta in Sicilia, è come respirare una boccata d’aria pura. Purtroppo però proprio questa siderale distanza tra Roma e Palermo fa comprendere come la strada del riequilibrio sia ancora lontanissima.