cronaca

Droga a Messina, arrestati dell’operazione Penelope a bocca chiusa

MESSINA – Sono durati poco i primi interrogatori di garanzia seguiti all’operazione Penelope, la retata antidroga dei Carabinieri scattata a Messina il 16 luglio scorso. La giudice Arianna Raffa ha convocato le quattro persone andate in carcere con l’accusa di aver diretto, a vari livelli, l’organizzazione che trafficava e smerciava stupefacenti a Giostra tra il 2020 e il 2021. Ma si è trovata davanti un muro di silenzio.

Bocche cucite davanti alla giudice

Davide Luca Papa, Fabio Fobert, Domenico Arigò e Benedetto Mesiti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, tenendo la bocca chiusa. Erano accompagnati dai difensori, gli avvocati Giuseppe Irrera, Giuseppe Donato, Salvatore Silvestro e Antonio La Russa. Venerdì prossimo andranno al confronto con la giudice che ha autorizzato gli arresti, invece, le cinque persone ai domiciliari.

L’inchiesta sul ruolo delle donne

L’indagine della Compagnia Messina Centro, coordinata dalla sostituta procuratrice Antonella Fradà (in foto), è partita dopo l’arresto, nel 2020, di Sabrina Sciuto (ai domiciliari), fermata allo sbarco dei traghetti provenienti dalla Calabria con 2 kg di marijuana in auto, nascosta in una cassetta di limoni e melograni.

La tesi della Procura è che la donna, insieme ad altre compagne degli arrestati a loro volta coinvolte nella retata, abbia ricoperto ruoli operativi anche di spessore nei rifornimenti di stupefacenti in Calabria e la successiva vendita in città. Da qui il nome dell’operazione. La base dell’organizzazione era, secondo gli investigatori, l’abitazione di Nico Arigò a Ritiro. Marijuana, hashish ma soprattutto cocaina le sostanze smerciate dal gruppo.