Attualità

“È una Pasqua mortificata, no alle guerre!”: l’appello dell’Arcivescovo Accolla PODCAST

ASCOLTA l’intervista sulla Pasqua all’arcivescovo Giovanni Accolla
di Carmelo Caspanello


MESSINA- “No alle guerre. Così non è Pasqua”. In occasione dei tradizionali auguri pasquali con i giornalisti, l’Arcivescovo di Messina, Mons. Giovanni Accolla, ha rivolto un forte appello contro i conflitti che inquietano il mondo. “Con le guerre”, ha detto il presule con parole forti,  “è una Pasqua mortificata, tradita, annullata. È come se ancora Gesù lo si vuole mettere in croce, però hanno fatto tutti i conti sbagliati. Gesù non inflaziona la sua paternità. Gesù è il volto della misericordia del Padre. Dio non abbandona i suoi figli, questo è il motivo della nostra speranza. Possono scervellarsi in tutti i modi e in tutte le maniere, i grandi uomini o statisti così impazziti, ma non ci riusciranno. Hanno sbagliato i conti con il nostro Signore”.

Mons. Accolla ha poi invitato i messinesi a rimettersi in gioco, a non mollare mai e ad avere fiducia in Dio. “Dobbiamo essere sempre sulla cresta dell’onda, come i surfisti, di quelli che dal vento non si lasciano travolgere e neanche dalle onde, ma le devono poter cavalcare per andare a grande velocità”. Il suo augurio per la città è di trovare pace nel cuore, una pace che si può ottenere solo condividendola con gli altri. “La pace si ha quando si condivide con gli altri, quindi cresce e possa crescere in ognuno di noi il senso di appartenersi l’un l’altro, l’idea di popolo, di popolo che si appartiene”. L’Arcivescovo rimarca che “Dio può donare la pace al mondo”. Ed aggiunge: “La speranza è sempre minacciata, però il nostro futuro è così, è il piccolo seme che caduta in terra, se non muore non produce frutti. Quindi siamo pellegrini di speranza, ogni qualvolta riusciamo a rimetterci in gioco, con fiducia, per avere nel nostro Dna, nel nostro cuore, la gioia di essere fecondi”.

Mons. Accolla ha infine sottolineato come le persone più povere e semplici siano spesso quelle più ricche di risorse. “I nostri cittadini ne hanno di risorse, a voi sembra strano – spiega – ma io ho visto che le persone più abbandonate, più sole, più povere, più semplici, sono quelle che hanno tante risorse in più. Le persone che invece hanno tanto pensano spesso a conservare ciò che hanno, non lo vogliono sprecare. La cultura del salvadenaio. Il povero ha un cuore più libero, quindi si apre sempre e significa che è sempre più creativo. Ed ha più ha l’immagine di Dio”.