Siamo in contrada Piano Forno, località Mezzana, ad Acqualadrone, Messina. Lì si trova la tenuta di Enza La Fauci, lì si trova uno dei centri di produzione del vino Faro Doc della nostra città.
Nasce ad Acqualadrone e viene gustato sulle tavole di tutto il mondo. Dai migliori ristoranti francesi, nello Stato culla dell’enologia moderna, sino a varcare i confini europei, ad oriente e occidente.
Ieri, alla 47esima edizione del Vinitaly di Verona, Enza La Fauci è stata insignita della Gran Medaglia Cangrande, unica produttrice siciliana premiata alla rassegna che si protrarrà sino a mercoledì. Si tratta del prestigioso riconoscimento che, in ogni edizione del Vinitaly, la Fiera di Verona assegna ai benemeriti della vitivinicoltura segnalati dalle Regioni Italiane, per aver recato un determinante contributo allo sviluppo della viticoltura italiana e alla valorizzazione della enologia italiana
“Sono onorata di aver ricevuto questo riconoscimento – afferma Enza La Fauci -. E’ un premio non solo al nostro lavoro, ma anche al nostro territorio, origine di un prodotto d’eccellenza”.
Un prodotto apprezzato in tutto il mondo, che potrà essere degustato anche nei prossimi giorni sino al termine del Vinitaly. La soddisfazione aumenta se il riconoscimento arriva in un anno in cui anche il settore vinicolo, nonostante funga da traino per l’economia italiana, sta attraversando un momento di crisi. L’Italia, però, resta il primo esportatore mondiale di vino. “Ed è questo che ci aiuta – spiega Enza La Fauci -. Vendiamo ovunque, in Francia, in Germania, a New York, in California, in Asia, da un capo all’altro del mondo. Ed al Vinitaly è forte la presenza di importatori da tutto il mondo, che speriamo possano apprezzare sempre più la qualità dei nostri vini”.
In mezzo a tanta crisi, dunque, un settore in cui Messina eccelle. La Tenuta La Fauci è giovane, opera da soli dieci anni, ma ha già compiuto passi da gigante. “Ho scelto la vitivinicoltura – prosegue – perché è la mia passione. Speravo di raggiungere determinati risultati e sino ad ora sono soddisfatta anche se c’è ancora molto da fare nella ricerca della qualità e nel rispetto del territorio”.
Anche nella nostra città è possibile fare impresa ad alti livelli. “E perché no? – chiosa – Abbiamo una terra meravigliosa, possiamo fare vini di grande eleganza ed esportarli sulle tavole di tutto il mondo. Sono felice di dare risalto positivo alla mia terra. Mi piace pensare che il mio Faro Doc Oblì illumini Messina”.
Enza La Fauci condivide il suo successo con Messina perché si è reso possibile anche grazie alle condizioni favorevoli del suo territorio. Scrive sul suo sito: “Un terreno argilloso misto a calcare, venti di Scirocco e Tramontana, abbondanti precipitazioni invernali, rendono questo territorio un unicum rispetto alle altre parti della Sicilia, spesso caratterizzate da panorami più aridi ed assolati. Il lavoro in vigna avviene solo manualmente, ad eccezione di un piccolo trattore che utilizziamo per le lavorazioni del terreno. Essendo particolarmente attenta al totale rispetto della naturalità dei vini, non utilizziamo nessun tipo di diserbante chimico. Spesso amo affermare di essere un biologico piu’ biologico dei biologici. Ma a parte il gioco di parole, e’ questa la mia condizione di lavoro”.
E del resto, per la vitivinicoltura messinese, l’anno era iniziato in modo positivo con l’inserimento sul mercato di un altro Faro Doc, quello prodotto dall’Agrario Cuppari, di San Placido Calonerò, nei terreni antistanti all’Istituto. Dall’estrema zona nord della città all’estrema zona sud, un filo invisibile che unisce l’amore per la nostra terra e per i nostri prodotti.
8mila bottiglie per il “San Placido”, annata 2010, e l’enoteca ospitata nell’annesso monastero benedettino del 1486. Un esempio virtuoso di valorizzazione enogastronomica e culturale. Un esempio da imitare per dimostrare che anche a Messina esistono le eccellenze.
(Marco Ipsale)