Da lungo tempo nella zona di Barcellona Pozzo di Gotto anche lo smaltimento dello scarto di lavorazione degli agrumi è nelle mani del clan locali, che si infiltrano in particolare imponendo i propri mezzi del movimento e i propri autisti. I silos della Candith Fruit sorgono alle spalle della stazione nuova della città del Longano. Più in alto, nel crinale che conduce a Protonotaro, ci sono quelli della Agrumigel. Ma le realtà imprenditoriali che lavorano gli agrumi sono diverse, in zona. Recentemente ne hanno parlato i collaboratori di giustizia.
In particolare Santo Gullo, che deponendo in un processo d'appello nel marzo 2012 riferì diversi particolari sull'argomento. Il meccanico di Oliveri ha confermato di conoscere Nino Merlino, cioè l'esecutore materiale dell'omicidio del giornalista Beppe Alfano, autotrasportatore che si occupava di smaltimento del pastazzo, lo scarto di lavorazione degli agrumi. Ha anche detto che il settore "era di Ciccio Foti, che si lamentava che glielo volevano togliere". A precisa domanda di un legale, Gullo ha però detto di non sapere cosa sia la Candith Fruct. Proprio qualche giorno prima, era il marzo 2012, il titolare aveva denunciato un atto intimidatorio di chiara natura estorsiva: uscendo di casa ha trovato di fronte la porta una bottiglia incendiaria con due proiettili. Solo due giorni fa i Carabinieri, inoltre, hanno arrestato Salvatore Crinò, in camionista barcellonese con qualche precedente alle spalle, sorpreso già qualche anno fa a smaltire irregolarmente il pastazzo nei dintorni di Barcellona.
Il pastazzo è, come il business dei rifiuti e del movimento terra, in mano ai clan della zona tirrenica. In particolare a quello dei mazzarroti, almeno nel decennio scorso. Lo ha svelato l'inchiesta Vivaio, che documenta il totale controllo di Calabrese nel settore, in particolare sulla Pectine Industrie, che ha uno stablimento a Giammoro. L’azienda è la sola in Italia che produce la pectina, il gelificante natura impiegato sia nell’industria farmaceutica che in quella alimentare. Tra le altre, fornisce anche la barcellonese Candit Fruct. Anche la Pectine subì, nel giugno 2006, un atto intimidatorio. Una ventina di giorni dopo presero il via le intercettazioni dei carabinieri sulla linea di Tindaro Calabrese, che svelarono gli stretti contatti tra il boss e uno dei dirigenti dell'impresa, in particolare col direttore di settore, Bartolo Bottaro, già assessore all'ambiente e ai rapporti con l'Ato del comune di Pace del Mela. In un’occasione, Bottaro chiese a Calabrese informazioni sulla possibilità di acquistare il capannone di una ditta, di cui lo stesso boss è socio. In altre conversazioni, Calabrese raccontò di vantare crediti non ancora saldati dalla Pectine, di circa 50 mila euro. Il credito venne poi saldato e per tutto il tempo l'impresa si servì dei mezzi di Calabrese per il trasporto del pastazzo.
A Calabrese subentrò la ditta di Carmelo Trifirò di Terme Vigliatore: alla guida dei mezzi c’era sempre lo stesso camionista, Thomas Sciotto, alle dipendenze dell'impresa precedente. Secondo gli investigatori anche questa seconda impresa è cosa di Calabrese. Lo dimostrerebbero i continui contati telefonici tra lo stesso boss,Trifirò e Sciotto. Trifirò, a sua volta, era subentrato a Triolo. I tre, secondo quanto raccontato dallo stesso Bottaro ai carabinieri, sono collegati.
Per gli investigatori non è ancora chiaro perché gli imprenditori cambiassero quasi ogni anno, almeno formalmente, il rapporto con l’industria milanese. Piu’ chiaro, invece, che il trasporto fruttava loro almeno 209 mila euro l’anno, senza contare quel che il trasporto costava agli allevatori. In pratica, il trasporto del pastazzo finiva per costare sia alla Pectine che agli allevatori, costituendo una sorta di tassa fissa per l’impresa, mascherata formalmente sotto forma di rapporto commerciale. Rapporto del quale Calabrese aveva l’esclusiva in provincia di Messina. Un altro episodio captato dai carabinieri è particolarmente siginificativo risale al 2007: stavolta sono gli stessi dirigenti dirigenti i dell’industria milanese a cercare il boss, pressati dall'urgenza di smalitre l'eccedenza di pastazzo. Come? Trasformando il territorio di Mazzarà in una discarica a cielo aperto dove occultare i residui degli agrumi. Quando l’industria si ingolfava, quindi, anziché smaltire, si scaricava direttamente in terra, magari in siti precedentemente “attrezzati” da Calabrese.
Alessandra Serio