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Ecomafie. Sentenza con molte assoluzioni al processo Gamma Interferon

Messina – E’ arrivata nel pomeriggio di ieri la sentenza di secondo grado dell’operazione Gamma Interferon, l’inchiesta del pool anti ecomafie del commissariato di Sant’Agata di Militello che fece luce su un giro di macellazione clandestina e altri reati legati alla zoo economia sui Nebrodi.

Nel verdetto della Corte d’Appello di Messina (presidente Tripodo) le condanne, rispetto al primo grado, sono più basse. I giudici hanno infatti escluso alcune accuse per quasi tutti, rideterminando le pene decise, più leggere rispetto al primo grado. Nel complesso l’inchiesta esce ulteriormente ridimensionata rispetto al castello accusatorio iniziale. Già in primo grado il Tribunale aveva scagionato parecchi imputati.

Assoluzione parziale e condanna a 3 anni per Salvatore Biagio Borgia, 2 anni e 2 mesi per Nicolino Gioitta, un anno e 4 mesi per Giovanni Girbino,

Assolti del tutto Salvatore Inferno Artino e Carmelo Gioitta, Antonino Calcò e Sebastiano Conti Mammanica, Salvatore Musarra, Tindaro Giacomo Agostino Ninone.

Soltanto Salvatore Biagio Borgia dovrà risarcire le parti civili, ovvero il Parco dei Nebrodi, Asp Messina, Tribunale dei Consumatori, con 900 euro a testa per le spese legali.

Nel processo sono stati impegnati gli avvocati Marinela Bonfiglio, Laura Todaro, Santo Trovato, Flavia Galbato Muscio, Fabio Armeli Iapichino, Giuseppe Francesco Scillia, Sebastiano Calcò, Giampiero Ricciardi ; infine Alberto Ferraù, Claudio Calabrò e Marco Lombardo per le parti civili.

La sentenza di primo grado

Nel luglio scorso il processo d’appello si era aperto con un vero e proprio colpo di scena perché, allineandosi alle richieste dei difensori, la Procura Generale aveva ridimensionato molte delle accuse contestate ai principali imputati condannati, chiedendo ai giudici diverse assoluzioni e molte prescrizioni.

Il verdetto di primo grado risale a circa un anno fa. Il Tribunale di Patti (presidente Scavuzzo) aveva condannato soltanto 7 imputati su più di 40, scagionando tutti gli altri (leggi qui LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA).

L’inchiesta prese il via nel 2014 e nasce dall’intuizione del pool di poliziotti anti-agromafie messo in piedi dal commissario di Sant’Agata Daniele Manganaro col prezioso aiuto dell’agente della Scientifica Tiziano Granata.

Il Commissario avviò le intercettazioni telefoniche dopo la denuncia dei movimenti anti racket sul fenomeno che sta dietro ai tanti furti, in quegli anni denunciati, di capi di bestiame sui Nebrodi. Si scoprì dunque che gli animali venivano rubati, venduti, macellati clandestinamente e immessi in commercio senza alcuna tracciabilità. Non sicure e a rischio infezione le modalità di macellazione, oltre che di conservazione, così come il trattamento degli stessi animali.

L’operazione Gamma Interferon

Emblematico il caso delle analisi svolte a campione su una quantità di capi sequestrati. Furono trovate tracce di un antiparassitario vietato nel caso in cui gli animali sono destinati al consumo umano e alla vendita del latte in particolare, perché potenzialmente dannoso dell’essere umano. L’operazione scattò nel 2016 con oltre 30 arresti e più di 50 indagati, compresi alcuni veterinari. I vari processi nati dall’inchiesta hanno però parecchio ridimensionato le singole responsabilità e dell’impianto accusatorio complessivo, oggi, anche alla luce delle richieste del PG Lombardo, resta davvero poco.