MESSINA – Una settimana di ordinaria follia. Questa, come le precedenti, ha riservato parecchie sorprese sul piano politico. Un tema centrale è quello dei continui cambi di casacca. Oggi i partiti, e realtà come Messina estremizzano una tendenza nazionale, appaiono porte girevoli. Strumenti che non rispecchiano un orientamento a livello di pensiero politico e possono essere facilmente intercambiabili.
Di sicuro Franco De Domenico ha interpretato con serietà il suo ruolo di segretario cittadino del Partito democratico e di candidato a sindaco. E si è battuto con determinazione in una diffiicile contesa, favorendo il gioco di squadra come coalizione. Ma la sua rinuncia a correre alle regionali sarà ricordata in stretta correlazione con il distacco probabile dal Pd da parte del deputato non riconfermato Pietro Navarra.
L’ex rettore è un economista liberale che non appare incompatibile con il centrodestra. Di sicuro ha un pensiero che lo anima e non è un improvvisato della politica. Ma l‘appartenenza a un partito non dovrebbe essere qualcosa di più solido e stabile, anche se si rimane delusi dalle scelte a livello centrale?
“L’appartenenza” cantava Gaber e oggi la parola “io” sostituisce il “noi”, la dimensione collettiva. Da qui i passaggi continui senza più grandi travagli. Può accadere che un Consiglio veda un gruppo di consiglieri comunali e di Quartiere spostarsi dal Pd a Forza Italia perché il leader, in quel caso Francantonio Genovese, aveva rotto con il suo partito.
Dal passato al presente, il clamoroso allontanamento dalle liste in cui sono state elette, per avvicinarsi alla maggioranza, ad opera delle consigliere comunali Buonocuore e D’Angelo, rivela che l’appartenza oggi è “liquida”. Una fedeltà forse a sé stessi, chissà, non legata a partiti e strutture novecentesche fatte di schieramenti e mondi politici netti.
Se i leader e i loro collaboratori ragionano solo in termini di successo e consensi personali, è normale che consiglieri comunali e parlamentari non abbiano nessun problema a passare da uno schieramento all’altro. Gli esempi di cambi di casacca a livello nazionale, regionale e locale sono innumerevoli e la nostra intenzione non è certo criminalizzare i singoli. Ma, al contrario, analizzare un fenomeno.
Il fenomeno è rafforzato da una legge elettorale che premia la fedeltà ai capi, tra liste bloccate ed erosione della democrazia rappresentativa.
Sottolinea il segretario provinciale del Pd, Nino Bartolotta: “Si rimane in una comunità politica anche nei momenti difficili. Io per primo, nel 2014, sono stato, per colpe non mie e in una fase di intenso lavoro per Messina, defenestrato da assessore regionale per le Infrastrutture e la Mobilità dagli stessi vertici del Pd regionale e provinciale. Ma il Pd è ancora la mia comunità, insieme a tanti altri militanti. Nel nome della coerenza e dell’appartenenza ai nostri valori”.
Dal centrosinistra al centrodestra. Di recente, questo tema è stato pure affrontato, per Tempostretto, dalla deputata di Forza Italia Matilde Siracusano: “Quando ci sono cambi repentini di schieramenti significa che l’elemento locale ha logiche diverse rispetto a quelle regionali e nazionali. Noi dobbiamo strutturarci come partito a Messina e aprirci ai territori, favorendo un’adesione ai valori del partito. Sono stati commessi molti errori e spesso manca un senso d’appartenenza”.
Il futuro è un’ipotesi ma senza partiti solidi i vari consiglieri, presidenti delle Municipalità, come è avvenuto con l’uscita del neo eletto Matteo Grasso dal Pd per sostenere alle regionali Sicilia Vera di De Luca, e parlamentari contribuiranno a terremotare il panorama politico.
Lo faranno in modo repentino e continuo. Cambieranno i nomi e le sigle ma non il comportamento. Se il legame forte è solo quello tra eletto ed elettori, chi si sentirà in colpa se lascerà il proprio partito o movimento?