L’antichissimo borgo di Castanea delle Furie nasconde un enigma non facile da risolvere: un’iscrizione in uno dei suoi edifici più rappresentativi reca una formula che i Messinesi conoscono bene e vantano da sempre.
Questa curiosa scoperta è stata fatta nel 2015 da Giovanni Quartarone, il noto Erode del Presepe Vivente di Castanea, appassionato di storia e tradizioni locali, che nella lapide sulla facciata della Basilica di San Giovanni Battista ha individuato una scritta che ricalca il famoso motto “Gran Mirci”.
La Chiesa Madre, cinquecentesca, è stata gestita per molto tempo dall’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni in Gerusalemme, per il quale il presidio nella cittadina di Castanea costituiva un avamposto strategico nei Peloritani.
La lapide sulla facciata dell’edificio è composta da due lastre di diverse dimensioni ma possibilmente fatte dello stesso marmo e incise con gli stessi caratteri; la minore, alla base, enuncia la costruzione del tempio a spese della collettività castanota nell’anno 1500 e la sua dedica a San Giovanni; la maggiore, soprastante la minore, sfoggia al centro uno stemma araldico d’una certa importanza dinastica con due scudi crociati messinesi ai lati, recando sopra di essi la scritta: “Gran Merce / a Messina”.
Proprio la frase (“molte grazie, Messina!”) – poi variata linguisticamente – che l’Imperatore Romano d’Oriente – secondo la tradizione Arcadio nel 407 d.C. – avrebbe detto ai militari messinesi giunti ad aiutarlo in battaglia nelle circostanze di un’invasione – si dice di Bulgari – e di un assedio di Tessalonica; fonte apparente di molti privilegi che Messina ha vantato per secoli e che includono il suo scudo crociato, che deriverebbe dalla bandiera imperiale bizantina (invero, quella di seicento anni dopo). Una leggenda, malferma nella sua collocazione storica, che però dovrà pur avere del vero.
Che sia questo un collegamento anche con il culto della Madonna della Portella, ossia quella Nostra Signora di Costantinopoli arrivata dopo la caduta dell’Impero Bizantino, che a Castanea trovò una certa devozione?
Eppure il villaggio fino ad alcuni secoli fa deteneva un ampio grado d’autogoverno, non era un casale qualsiasi; la disputa giurisdizionale sorta una volta fra i Cavalieri Ospitalieri e l’Arcidiocesi di Messina è segno tangibile d’una certa distanza politica fra Messina e Castanea.
C’è davvero da chiedersi, dunque, come mai sia iscritto il motto messinese per eccellenza sopra la porta maggiore della basilica castanota, soprattutto alla luce di questa orgogliosa autonomia storica.
Davvero un mistero, questo sollevato dal Quartarone per lo stupore della cittadinanza castanota e di quella messinese. Occorrerà studiare a fondo la storia per capire cosa sia realmente accaduto. Fino al momento della verità, la stessa domanda continuerà a tormentarci: perché a Castanea delle Furie l’Imperatore dice ancora: “Gran Mercè a Messina”?
Daniele Ferrara