Definitivamente archiviata l'indagine sul crack della finanza derivata e gli investimenti effettuati nel settore dai Comuni di Messina e Taormina. Inchiesta che aveva portato al sequestro di 17 milioni di euro a carico della Banca Nazionale del Lavoro, nel 2011. Il giudice Maria Vermiglio ha sciolto la riserva senza ravvisare reati a carico degli otto indagati, cioè, Giuseppe Pignataro, della direzione generale di Roma della Bnl, e gli altri dirigenti Roberto Antolini, Vincenzo Di Benedetto di Malvagna; Fabio Cacia di Catania; Angelo Squadrito di Messina; Fabio Gallo di Pescara; Carmelo Spina di S. Alfio in provincia di Catania e del napoletano Edoardo Catalano Napoli.
L’inchiesta era stata avviata dalla Procura dopo alcune segnalazioni di irregolarità nei contratti. Le indagini puntano a stabilire se le clausole abbiano causato gravi danni economici agli enti pubblici e in particolare se agli amministratori pubblici venissero sottoposti a contratti con clausole occulte. L'inchiesta ebbe sviluppi eclatanti, come quella del sequestro milionario appunto, ma ben presto si sgonfiò. A pochi giorni di distanza dal provvedimento, il Tribunale del Riesame restituì la somma alla Bnl. Alla fine dell'inchiesta fu la stessa Procura di Messina chiedere l'archiviazione degli accertamenti. Adesso il provvedimento del giudice, che ha rigettato le opposizioni dei comuni di Messina e Taormina.
A mettere la pietra tombale sul tentativo della magistratura messinese di contestare l'uso di questo spericolato sistema finanziario da parte degli enti locali, è stata la sentenza della Corte di Cassazione, pronunciatasi nel 2011 proprio sul sequestro milionario effettuato all'istituto di credito messinese. Malgrado il boomerang che si è rivelato per i conti del Comune, l'investimento in derivati pare essere stato effettuato regolarmente. I contratti forniti dalla Bnl, cioè, sono inattaccabili sotto il profilo penale.
Le denunce erano arrivate da più parti. Alcuni consiglieri comunali avevano contestato le cosiddette clausole occulte, mentre dalla stessa Bnl erano arrivate segnalazioni, in particolare da Fabio D'Urso e Leo Mangano. Il primo, ex assessore comunale di Taormina e cognato e dell'ex sindaco di Messina, Giuseppe Buzzanca, era stato licenziato dalla Bnl poco prima dello scoppio dell'inchiesta. Secondo il Gip Vermiglio, però, nelle denunce di D'urso non emergono "profili di reato".
Il Gip infine accoglie la giurisprudenza che si è attestata per la maggiore in tutti i casi simili, cioè che è impossibile "contestare" i così detti contratti "market to mark" perché sono basati su previsioni di lungo periodo. A caldeggiare l'uso di questi investimenti era stato l'allora assessore al bilancio Mario Centorrino, a metà del decennio scorso. Ma come detto buona parte delle amministrazioni d'Italia tentarono lo strumento dei "forex" per far fronte