Per l’amor che nutro per Messina, vivo d’indignazione contro i messinesi capaci nella loro apatia di lasciar morire la nostra bella città potenzialmente la più ricca della Sicilia!
Mi basta un sol esempio attuale : il morente Teatro di Messina, sempre meno finanziato per il venir meno delle risorse pubbliche presenti e future!
E’ assurdo che il Teatro di Messina rimanga ancora dedicato a Vittorio Emanuele II che tolse a Messina il porto franco che da secoli era fonte di lavoro e ricchezza per i messinesi, i quali decisero di votare al parlamento Italiano un latitante, nemico storico dei Savoia, Giuseppe Mazzini; i messinesi del secolo precedente al terremoto del 1908 erano così orgogliosi che sarebbero inorriditi di sapere oggi che un bar, fermo restando il diritto dei proprietari di scegliere il nome, sia stato dedicato al Re Bomba che distrusse Messina, compreso il vecchio Teatro, e tale misfatto non può essere attenuato dal fatto che il Teatro venne ricostruito in onore di una regina imparentata con lo stesso re. Se i messinesi , imprenditorialmente parlando, fossero come i catanesi o gli americani non avrebbero tardato a cambiare il nome del Teatro Vittorio Emanuele in William Shakespeare approfittando della teoria di Martino Iuvara, autore del saggio “Shakespeare era italiano”, per il quale William Shakespeare sarebbe il nickname del profugo messinese per via delle sue convinzioni personali religiose, Michelangelo Florio che avrebbe tradotto in Inglese il nome e cognome di sua madre Guglielmina Crollalanza.
Col nome del teatro dedicato al “messinese” William Shakespeare si potrebbe realizzare un festival di lingua inglese delle opere Shakespeariane per attrarre come turisti, e riempire così gli alberghi, gli italo-americani ( circa 26 milioni negli USA), gli italo-canadesi, gli italo-australiani, gli italo-neozelandesi, gli italo –britannici e gli italo-sudafricani. Ho già parlato col referente italiano della NIAF National Italian American Federation , la più importante associazione italoamericana per finanziare inizialmente il teatro messinese rinominato William Shakespeare alla stessa maniera del Santuario di Tindari costruito coi soldi degli immigrati di Tindari in America, per essere autosufficiente coi spettacoli Shakespeariani in lingua inglese, ed essere volano per la città con negozi oggi assenti accanto il teatro, da quelli di abbigliamento alla libreria. Certamente i turisti italoamericani per via del Festival shakespeariano in lingua inglese, avrebbero la possibilità di visitare oltre il duomo, il museo, il mare, i colli ed i laghi . Sono fermamente convinto che i catanesi o gli americani avrebbero già cambiato il nome del teatro messinese; infatti i primi valorizzano tutto e tutti per la gloria di Catania, e non paghi di aver dato il nome del loro Teatro al catanese Bellini, oltre quello della loro villa comunale, hanno da qualche mese cambiato il nome della Piazza Teatro in Piazza Bellini per meglio omaggiare il grande musicista etneo, pur avendogli già realizzata la poltrona per non farlo stancare in piazza Stesicoro, e se invece Michele Angelo Florio fosse stato etneo avrebbero già cambiato il nome dell’attuale Teatro Metropolitan in Teatro William Shakespeare invece gli Stati Uniti pur essendo poverissimi rispetto all’Europa in Storia ed arte sono la prima superpotenza mondiale in campo turistico per la loro mentalità imprenditoriale che riesce a trasformare in museo del baseball la casa di un grande campione sportivo e la sua città metà turistica o come ha già reso metà turistica la cittadina di Roswell per un presunto arrivo di alieni: chi se ne frega se gli extraterrestri esistono, quello che conta che moltissimi americani lavorano nei motels lungo l’autostrada degli E.T. “ ALIEN HIGHWAY”.
Io amo la cultura, ma la cultura per me non è un valore della vita ma uno strumento della vita ( “La cultura forma l’uomo, ma l’uomo crea la cultura”)!
In altre parole la cultura non mi rende felice ma mi aiuta a vivere come insegna il famoso aneddoto dei “tre saggi e del barcaiolo”.
Chiedo venia per il mio scrivere ma sono un avvocato penalista, il quale come tutti i penalisti si trova ad esser a suo agio nell’ars oratoria, diversamente dagli avvocati civilisti, che sono in maggior sintonia con l’arte dello scrivere, desidero concludere pensando al maestro dei maestri dell’arte oratoria, Temistocle, che spese le sue parole per l’amore ed il bene della sua Atene negli anni tra la prima e la seconda guerra persiana, e del quale, io suo indegno emulatore, condivido pienamente dal punto di vista politico, sociale ed imprenditoriale la sua famosa frase: “Preferisco un uomo senza quattrini che quattrini senza un uomo”! GRAZIE! Avv. Marco Marino.