Quello dell’erosione delle coste è un fenomeno ormai divenuto inarrestabile in buona parte della costa messinese, e che rischia di avere conseguenze “drammatiche” su un territorio già di per sé molto fragile e vulnerabile. La principale causa del fenomeno erosivo è da imputare al massiccio “irrigidimento” della linea di costa, causato dalla proliferazione di “barriere rigide” o “pennelli”, come porti, porticcioli turistici, moli o semplici colate di cemento (come quelle che caratterizzano il 90% dei lungomari del messinese) realizzate al di sopra dell’ambiente dunale che un tempo caratterizzava la fascia costiera. La realizzazione di queste opere, di chiara natura “antropica”, molto spesso realizzate all’interno dell’area dunale, oggi ormai scomparsa, negli ultimi due decenni ha contribuito ad aggravare il fenomeno dell’erosione costiera, provocando la cancellazione di interi tratti di arenile, un tempo larghi anche più di 150 metri. Un tempo le dune di sabbia, che caratterizzavano le nostre spiagge, avevano un ruolo molto importante nel conservare e proteggere il litorale, riuscendo ad “ammortizzare” l’energia prodotta dal moto ondoso, evitando la perdita verso il mare di ingentissimi quantitativi di sedimenti. In molti casi, come nei comuni della fascia tirrenica, la realizzazione di opere di salvaguardia del litorale, in cemento, invece di risolvere o mitigare il problema ha contribuito a rimarcarlo, favorendo una più veloce scomparsa dei sedimenti costieri ad ogni mareggiata. Oggi invece una delle conseguenze tipiche dell'irrigidimento della linea di costa (e della scomparsa delle dune) è l'azione di riflessione delle onde. Non avendo più la possibilità di espandersi sulla spiaggia, le onde colpiscono le opere rigide e ricadendo, scavano la spiaggia trascinando verso il largo i sedimenti ad una velocità sempre più alta. Più esigua è la spiaggia maggiore è la quantità di acqua che si solleva. Più acqua si solleva maggiore è l'intensità dell'azione distruttiva dell'onda che trascina la sabbia e la ghiaia verso il largo, su fondali profondi più di 10-15 metri. Il fenomeno dell’erosione sulle coste del messinese per la prima volta venne affrontato nel 1994, a seguito degli ingenti danni provocati dalle violente mareggiate abbattutesi nel dicembre 1993 sui litorali della provincia di Messina.
Quell’episodio fu un vero campanello d’allarme, tanto da costringere l'allora Presidente della Regione di costituire un "gruppo di lavoro" per lo studio del fenomeno erosivo. Del gruppo facevano parte il prefetto di Messina, funzionari dei vari assessorati regionali, tecnici della provincia di Messina e del Genio Civile Opere Marittime di Palermo, oltre ad esponenti di Legambiente e ricercatori. Il loro compito era quello relazionare sulle condizioni dei litorali dei comuni interessati dall'erosione, di individuarne le cause e di proporre gli eventuali interventi urgenti da realizzare. I lavori del Gruppo rappresentarono un meticoloso check up della costa messinese. Gli studi realizzati da questa commissione riguardarono la situazione dei comuni presi in esame (Giardini Naxos, S. Alessio Siculo, Messina – frazione S. Margherita), Villafranca Tirrenica, Torregrotta, Terme Vigliatore, Falcone, Patti e Gioiosa Marea. Negli anni 90 il fenomeno interessò principalmente le coste tirreniche, dove si registrò un rapidissimo arretramento della linea di costa a seguito di un incremento delle mareggiate dal quarto quadrante (ponente e maestrale). A partire dagli anni 2000 il fenomeno cominciò ad aggravarsi anche sul litorale ionico, dove fra il 2005 e il 2008 interi tratti di spiaggia vennero inghiottiti dai marosi. Emblematico il caso di Sant’Alessio Siculo, un comune conosciuto in tutta la provincia di Messina per la sua immensa spiaggia di sabbia fine che si estendeva fin sotto il Capo. Qui la realizzazione di un muraglione a pochi metri dalla battigia del mare, sul lungomare, sommandosi alla sensibile diminuzione degli apporti detritici dal torrente Agrò e alle forti correnti di marea (corrente “scendende”) che sbattendo contro la scogliera di Capo Sant’Alessio tendono a spingere i sedimenti verso il mare aperto, hanno letteralmente decimato quella che una volta era una delle spiagge più belle e pregiate (sotto l’aspetto turistico e naturalistico) della provincia, e non solo. Negli ultimi anni il fenomeno dell’erosione, enfatizzato dalla realizzazione di “pennelli” (inutili..), barriere soffolte (Santa Margherita) e dal porto di Tremestieri, sta cancellando interi pezzi di litorale anche sulla costa cittadina, da nord a sud.
Particolarmente grave la situazione a Galati, dove il brutale “irrigidimento” del tratto di litorale a sud dell’abitato, per una barriera soffolta nella zona di Santa Margherita e un “pennello” realizzato nella parte sud del villaggio, ha praticamente fatto sparire l’arenile, rendendo quel tratto di costa sempre più vulnerabile al moto ondoso proveniente dal secondo quadrante (scirocco e ostro), tanto che oggi il mare si trova a lambire alcune abitazioni, e in caso di mareggiata intensa da sud-est si rischia di fare la conta con danni veramente ingentissimi. Preoccupa, non poco, l’apertura del nuovo cantiere per la realizzazione del porto di Tremestieri, già responsabile della fortissima erosione che sta colpendo il tratto di costa da Tremestieri a Contesse. Anche qui la situazione sta diventando drammatica, specie nel tratto a nord della foce del torrente San Filippo. E rischia di aggravarsi con l’ampliarsi del nuovo porto se non si interviene con opere di salvaguardia, e non con nuove colate di cemento sulla battigia.
Daniele Ingemi