Cultura

Esculapio/Asclepio: il patrono medico di Messina

In questo tempo in cui si fa molto temere una malattia che non aveva avuti precedenti forse nell’arco temporale di nessuna persona vivente oggi a Messina, richiamiamo alla memoria un culto – e un dio e un uomo – che di grande importanza fu per i nostri antenati: Asclepio o Esculapio, il dio della medicina o capostipite dei più grandi medici.

Un dio che camminò sulla Terra

Bisogna innanzitutto distinguere l’“Asclepio divino” dall’“Asclepio mondano”: uno sussistente come entità spirituale nella teologia di tempi più antichi, privo di legami con la mortalità o di natura sconosciuta, e l’altro vissuto come uomo e plausibile personaggio storico, o anche più di uno.

Troviamo infatti nella tradizione più antica – non successiva all’Iliade – la figura di Peone, il dio medico (Paiēon, “Guaritore”), perciò ritenuto il medico stesso degli dèi; questi coinciderebbe con l’archetipico “Asclepio divino”, il dio della medicina originario (tra l’altro con un nome più antico) preesistente all’Asclepio della mitologia. Di Peone parlava Omero, delineandone così poco la personalità da farlo sembrare un’altra forma del dio Apollo, anche lui patrono dell’arte medica (e padre di Asclepio); per gli autori successivi Paiōn diventerà un epiteto sia di Apollo che di Asclepio, e paian un canto devozionale apollineo. A questo punto, Peone sarebbe il dio nel quale l’Asclepio mortale fu incorporato quando fu divinizzato. La teologia ellenica è veramente complessa, estremamente farcita di casi analoghi a questo.

Il mito di Asclepio

Secondo la tradizione classica e più nota, l’“Asclepio mortale” era figlio di Coronide, una principessa dei Lapiti della Tessaglia, e del dio Apollo, quindi un semidio; sulla nascita ci sono più versioni, tra chi dice che fu tratto vivo dal padre dal ventre della madre morta e chi dice che nacque a Epidauro e crebbe sul monte Tizione ove crescevano note erbe medicinali, già sùbito praticando l’arte medica sotto la supervisione del suo maestro, il saggio centauro Chirone. Quando fu maturo gli furono donate dalla saggia dea Atena due fiale del sangue della gorgone Medusa uccisa dall’eroe miceneo Perseo: Asclepio ne faceva abbondante uso nelle sue cure e addirittura resuscitava persone; per tale motivo, il suo divino nonno Zeus, garante delle leggi naturali, lo stroncò con un fulmine. Nondimeno, Apollo resuscitò il proprio figlio e lo pose in cielo come la costellazione dell’Ofiuco o Serpentario (il tredicesimo segno zodiacale – tra 29 Novembre e 17 Dicembre – che ultimamente si cerca d’introdurre) rendendolo dio.

È un dio tipicamente benevolo: del tutto assenti sono in lui i connotati nocivi che invece si ritrovano in suo padre Apollo, costruttore e distruttore al tempo stesso.

Tre uomini divennero un solo dio

In realtà ci sono stati più d’un Asclepio. Cicerone parlava di ben tre personaggi di nome Esculapio in Sulla natura degli dèi: un medico figlio di Apollo nato in Arcadia che inventò la sonda e il bendaggio (riconducibile all’Esculapio mitologico), un altro dall’origine oscura che fu ucciso da un fulmine e divinizzato, infine un altro arcade che sviluppò i purganti e iniziò l’odontoiatria. È chiaro che la figura comunemente nota come Esculapio o Asclepio sia la fusione di queste tre (e anche altre) personalità; il motivo per cui risultano avere tutti lo stesso nome è che in origine Asclepio potrebbe essere stato non un antroponimo ma un appellativo riferito a eroi divinizzati, i cui veri nomi terreni sarebbero andati perduti (come suggeriva Robert Graves). Tutti questi individui, dunque, sono poi stati fatti coincidere con l’archetipo del dio medico, Peone, o espungendo ad Apollo parte delle sue funzioni.

“Asclepiadi”

Asclepio ebbe la sua prole, generata tutta con la sua sposa: Epione (“Lenitiva”), la dea che allevia i dolori. Due figli di Asclepio, Macaone e Podalirio – medici e sovrani della Tessaglia – vissero al tempo della Guerra di Troia e parteciparono dalla parte degli Achei, e un altro figlio Arato fu pure un famoso medico; questo può farci supporre, se ipotizziamo una durata più lunga della vita, che l’Asclepio mortale non debba essere vissuto molto prima di quei fatti.

Asclepio diede vita tramite i suoi discendenti a un’intera dinastia, gli Asclepiadi, che viene variamente collegata alla sovranità della Tessaglia o a una setta/casta di sapientissimi medici greci. Ma ad Asclepio non si riconducono soltanto figli umani.

Di Asclepio sono figlie: Igea (“Igiene”, “Salute”), Panacea (“ogni Cura”, in grado di curare tutto), Iaso (“Rimedio”, cioè farmaco), Aglea (di salute “Raggiante”) e Aceso (“Guarigione”, il processo di); queste, tutte dee a differenza dei fratelli, non sarebbero mai vissute come donne mortali, e non compaiono in alcun mito pervenutoci. Si tratta di deità piuttosto astratte e sfuggenti, anzi sembrano personificazioni dei poteri, degli attributi e delle qualità del padre loro; tra tutte, Igea è quella che ha una posizione privilegiata e spesso è riverita accanto al dio, e ciò può fare pensare che fosse una dea indipendente che fu agganciata a Esculapio in un secondo momento.

In un certo senso, a meno che nuovi documenti ritrovati non sconvolgano lo schema, i figli sono dell’“Asclepio mortale” e le figlie sono dell’“Asclepio divino”, sebbene nel periodo classico la madre risulti la stessa.

Il culto di Asclepio a Messina

La città santa di Asclepio è Epidauro, ma gli erano consacrati molti luoghi; anche in Sicilia e a Messina, e proprio insieme alla paredra Igea. Un tempio, o casa di cura, si trovava in luogo del Duomo o nei pressi. In più periodi furono infatti rinvenute iscrizioni in loro onore – una con dedica all’imperatore Antonino Pio – e una stupenda statua della dea Igea che attualmente si trova esposta al Museo Regionale di Messina.

Questo simulacro raffigura la dea – rimasta senza la testa purtroppo – in piedi e avvolta da un grosso serpente, che nell’antichità era simbolo sia del veleno che della cura; non è un originale ma una copia romana, e se ne potevano trovare altre anche in altri luoghi. Perduta, invece, è la colonnina in granito riutilizzata per sostenere l’acquasantiera del Duomo, sulla quale c’era incisa da un lato una dedica ad Asclepio e Igea e dall’altro quella ad Antonino Pio. L’altra iscrizione, sempre con i nomi del dio e della dea, era su di un altare in marmo riciclato come base di fonte battesimale.

Nell’antichità in alcuni luoghi di culto si guariva attraverso la pratica dell’incubazione: la persona ammalata doveva dormire nel luogo sacro, e durante il sonno sarebbe stata guarita dalla deità ivi residente. Altra credenza era quella in acque curative miracolose (che ancòra ritroviamo a Lourdes); vista la vicinanza al torrente Portalegni, è possibile che la celebrazione di Asclepio a Messina avesse a che fare con le acque.

Non è facile identificare la posizione esatta del santuario, ma, se si trattava d’un esteso complesso templare (e purtroppo ora non lo possiamo sapere), forse ne faceva parte la cosiddetta Cripta del Duomo, giacché tutte le chiese più antiche del centro storico di Messina furono insediate in precedenti templi dell’antica religione appena ciò fu permesso e raccomandato dalla fazione cristiana al potere.

Anche a Reggio, tramite le effigi sulle monete, si attestava il culto asclepiade.

Sappiamo con certezza che molte persone in Sicilia e forsanche a Messina, adepte delle antiche religioni restaurate, sono desiderose ancòra di pregare Asclepio, perciò diciamo: non c’è preghiera che sarà perduta, ma tutte, come il secchio calato nel pozzo, torneranno con l’acqua. E noi ringraziamo chi presiede alla nostra salute per avere risparmiata Messina dall’aggressione della pandemia, e chiediamo che continui a difenderla.