Pubblicato per la prima volta nel 1996, Eureka Street, di Robert McLiam Wilson, come tutte le opere che si concentrano sui cosiddetti grandi temi – vita e morte, guerra, amore – non smette mai essere attuale.
Eureka Street è ambientato nel 1994 nella Belfast sede dei (The) Troubles. Il conflitto nordirlandese tra protestanti – lealisti e unionisti – e cattolici – repubblicani e nazionalisti – a partire dalla fine degli anni Sessanta causa ogni anno centinaia di morti, con l’apice delle 468 vittime del 1972.
Per quanto incantata e sfavillante, Belfast parla chiaro. Le bandiere, le scritte sui muri e i fiori sui marciapiedi parlano chiaro. È una città in cui la gente è pronta a uccidere e a morire per pochi brandelli di stoffa colorata. Questo si aspettano i due popoli che l’abitano, divisi da quattro, o otto, secoli di differenze religiose e civili. Un’assurdità, un rompicapo che avvelena il sangue, una spirale senza fine che impedisce ogni cambiamento.
Belfast, però, non è solo l’ambientazione di Eureka Street. È elevata a vero e proprio personaggio dall’amore con cui Mc Liam Wilson ne parla, amore che si estende a – quasi – tutti i suoi concittadini.
La città è un semplice conglomerato di persone, e al contempo un complesso distillato geografico ed emotivo di una nazione. Non è la dimensione di un luogo che ne fa una città, né la velocità dei suoi abitanti o la foggia dei loro abiti, il frastuono delle loro voci.
Ma soprattutto la città è crocevia di storie. Gli uomini e le donne che vi abitano sono racconti affascinanti, infinitamente complessi. Anche la persona più noiosa e ordinaria è un racconto che non teme il confronto con la trama più bella e più ricca di Tolstoj. È impossibile rendere la grandezza e l’incanto di un’ora nella giornata di un qualunque abitante di Belfast. Nelle città le storie si incrociano e si intersecano, i racconti si incontrano, si scontrano, si fondono e si trasfondono in una Babele di narrazioni.
Due, fra gli abitanti di Belfast, sono i principali protagonisti di Eureka Street. Jake, cattolico, è il classico duro dal cuore d’oro. Si è a lungo guadagnato da vivere facendo a botte, come buttafuori, guardia del corpo e altro. A caratterizzarlo, però, è soprattutto una mentalità progressista e tollerante, e la perenne, sfortunata, ricerca del vero amore.
Chuckie, protestante, grasso e pelato, protagonista di imprese bislacche come quella di farsi immortalare accanto al massimo esponente dell’opposta fazione religiosa: Giovanni Paolo II. A spingerlo è una congenita passione per ogni forma di celebrità, ma soprattutto il fatto di non considerare i cattolici come nemici. Infatti non solo Jake è il suo migliore amico, ma nella sua cerchia di amici del pub tutti sono cattolici.
All’inizio di Eureka Street Chuckie desidera arricchirsi attraverso una serie di idee sconclusionate. Il fatto che, sorprendentemente, ci riesca, intrattiene e diverte il lettore, e mostra numerosi paradossi di tutti i protagonisti della società e del mercato, dai finanziatori ai consumatori finali.
Per i paradossi più significativi di Eureka Street, come si può immaginare, si torna alla questione dei Troubles. Sarà proprio il personaggio più surreale, Chuckie, a porsi le domande che affondano maggiormente nella realtà. Si può davvero parlare di guerra? Anche se non ci sono schieramenti ufficialie mancano truppe regolari con divise riconoscibili? Anche se a morire, il più delle volte, sono ignari passanti, spesso giovanissimi? Ancora, se decine di migliaia di abitanti di Belfast desidererebbero occuparsi solo di altri problemi: trovare lavoro, pagare le bollette, costruire una famiglia? E se cattolici e protestanti possono essere migliori amici, o innamorarsi?
Eureka Street mette in risalto l’importanza della tolleranza e della comprensione, e sottolinea il valore di qualcosa che ogni lettore accanito avrà certamente a cuore: l’immaginazione.
Dopo non molto era arrivata Sarah che mi aveva ammansito e ripulito. Fu allora che compresi perché non mi riusciva difficile pestare la gente: non avevo immaginazione.
Il percorso umano verso la compassione e l’empatia è disseminato di ostacoli, ma bisogna provare a percorrerlo. Per comprendere le conseguenze delle nostre azioni, dobbiamo usare tutta la nostra immaginazione. Riusciamo a capire che forse spaccare una bottiglia in testa a qualcuno non è una buona idea, solo se ci mettiamo nei suoi panni. A quel punto non possiamo più fare a meno di pensare che se ci arrivasse una bottiglia in testa, be’, ci farebbe un male cane!
Se usi l’immaginazione, se ci riesci, allora non è più così facile usare la violenza. Mentre stai puntando la pistola alla tempia di qualcuno, se riesci a immaginarti cosa succederà a quella testa nel momento in cui premerai il grilletto, farlo diventa letteralmente impossibile.