MESSINA – Per le elezioni europee 2024, le candidature messinesi e siciliane non invertono l’andamento nazionale. Prevale la tendenza alla donna o uomo “forte” o di richiamo, mentre i partiti rivelano tutta la loro debolezza. Così Giorgia Meloni è capolista per Fratelli d’Italia nelle cinque circoscrizioni. Una scelta d’immagine e un “referendum” sul suo governo che dimostrano la vacuità della politica di questi anni. Non sono in gioco veramente l’idea di Europa e delle politiche da attuare per un rilancio nazionale e del continente. No, prevale la logica da X Factor della politica. La presidente del Consiglio si candida per rafforzare sé stessa e il suo partito e, a sua volta, la leader dell’opposizione che fa?
La segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, si candida in due circoscrizioni: Isole e Centro. In un Paese ideale così l’ex eurodeputata avrebbe dovuto rispondere al protagonismo della sua antagonista: “Noi siamo un partito che non antepone il leaderismo e il culto dell’io al noi. Per noi la competizione europea deve essere affrontata nel campo dei progetti da contrapporre alle destre. Così candideremo solo chi intenda veramente andare in Europa e portare avanti le istanze dei cittadini”. Ma così non è stato.
La spettacolarizzazione della politica condiziona dunque anche la segretaria del Pd. A sua difesa, va detto che, tra mille difficoltà, si ritrova pure una classe dirigente che non vede l’ora di disarciornarla o per tornare a giocare l’eterna partita del centro. Il centro che non c’è in una politica che non esiste. O per perpetuare all’infinito le guerre di posizione che avvelenano i Dem. Tuttavia, sarebbe stato un errore grave, ed è già paradossale che si sia discusso di questa opzione, che Schlein mettesse il suo nome accanto al logo Pd.
Ma qualcuno va elogiato, per una volta: bene ha fatto Giuseppe Conte, presidente del Movimento Cinquestelle, a non candidarsi. Bisogna mettere un argine a questa politica ridotta a uno show. Tutto ebbe inizio quando un uomo “scese in campo”. L’Italia era il “Paese che amava” e lui è stato capace, grazie alla forza mediatica e alle sue capacità di abilissimo divulgatore, di imporre la sua narrazione. Quell’uomo era Silvio Berlusconi.
Oggi, dopo l’avvento dei social, da quella narrazione, da quel modello non ci siamo ancora emancipati. X Factor, come programma, almeno ha scovato tanti talenti musicali. Sul terreno politico, invece, lo citiamo, ma potremmo dire soprattutto “Amici”, “Il grande fratello” o “L’isola dei famosi”, perché domina il meccanismo televisivo e social di chi la spara più “grossa”. E il confronto tra segretari e candidati assomiglia più a un duello mediatico, piuttosto che a una battaglia fra idee e visioni differenti. Tra il generale Vannacci e Sgarbi, ma pure i leader non si sottraggono, siamo immersi in un “blog” degli anni Duemila.
“E pensare che c’era il pensiero”, cantava Gaber. Sempre sul piano della personalizzazione troviamo Cateno De Luca (“Libertà”), come la presidente Meloni, in tutte le circoscrizioni; il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Affari esteri Antonio Tajani, segretario di Forza Italia, Carlo Calenda (Azione) e Matteo Renzi (Stati Uniti d’Europa) in 4 su 5. Emma Bonino, invece, in due su cinque e il suo nome compare nella lista Più Europa all’interno di Stati Uniti d’Europa.
Da ricordare pure il “capolavoro” compiuto da Caterina Chinnici: da eurodeputata del Pd e candidata alla presidenza della Regione del centrosinistra a capolista in Forza Italia. Acrobazie dove i partiti risultano porte girevoli senza identità.
Meloni, Calenda e De Luca hanno pure il loro nome nel contrassegno accanto ai loro partiti, sempre nel segno della massima spinta personale. Siamo nell’ambito dello show, insomma. Al contrario, avremmo bisogno di una politica fatta di idee e persone che sappiano dibattere sul tema dell’Europa in modo maturo. E sappiano vedere lontano.
Fondi comunitari, infrastrutture, sviluppo agricolo turistico e industriale, l’occupazione, il disagio sociale: il futuro del sud s’intreccia con quello dell’Europa, anche se non è questa l’Europa che sognavamo. E va cambiata radicalmente. Ma la politica spettacolo e con tendenze al protagonismo, con presidenti e ministri e assessori che si presentano alle elezioni come se non fossero già impegnati abbastanza, saprà intercettare questo bisogno di contenuti? I dubbi sono decisamente tanti.