Il primo cittadino di Reggio e responsabile Sud e Coesione dell'Anci: chi è indietro va aiutato, definire sùbito i Livelli essenziali delle prestazioni
Da tempo, lo stanno chiedendo a sprazzi, magari disuniti, un po’ tutti gli amministratori e politici in genere del Mezzogiorno. La battaglia è antica: «Azzerare il criterio della spesa storica sui servizi essenziali dei Comuni italiani».
Adesso però il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà va all’attacco, senza veli. E chiede – appunto – che questo anacronistico e penalizzante criterio nella ripartizione delle risorse sia abolito, «a cominciare dalle funzioni sociali come gli asili nido, il sostegno agli anziani, alle persone disabili, i centri diurni, le case famiglia e tutte le attività di sostegno alle fragilità».
Basta cittadini di serie “B”…
«È indegno – argomenta il primo cittadino reggino, anche nelle vesti di responsabile per il Sud e la coesione dell’Anci, l’Associazione nazionale dei Comuni italiani – progettare politiche sociali di serie A e di serie B, in base alle aree del Paese. Un territorio storicamente penalizzato deve essere sostenuto e supportato, non affossato per sempre. Chi nasce in Calabria deve avere gli stessi diritti di un veneto o di un lombardo. È una battaglia che abbiamo condiviso in Anci con i sindaci di tutta Italia e sulla quale non intendiamo fare passi indietro».
Supporter autorevoli
Evidenzia peraltro Giuseppe Falcomatà che si tratta ormai di una battaglia bipartisan (sotto il profilo cromatico) e sposata anche da autorevoli politici di altre aree territoriali. «La ministra Carfagna e la viceministra Castelli hanno dichiarato pubblicamente di voler condividere la nostra impostazione – sottolinea il sindaco di Reggio Calabria -, dimostrando alcuni passi in avanti promossi in sede di commissione tecnica per i fabbisogni standard. Adesso ci aspettiamo che si proceda velocemente nella direzione auspicata, definendo una volta per tutte i Livelli essenziali delle prestazioni, che costituiscano un minimo comune denominatore per tutti i Comuni italiani, a prescindere da Nord e Sud».
«Chi è indietro va aiutato»
«Se esistono dei territori fragili vanno sostenuti – aggiunge Falcomatà – a cominciare proprio da chi è rimasto più indietro, dalle persone in difficoltà, dalle categorie a rischio, da chi si trova a vivere in una condizione disagio sociale, peraltro acuito dalla crisi pandemica nell’ultimo anno e mezzo. I dati Istat di queste ore hanno messo in evidenza uno scenario devastante, con quasi il 10% della popolazione italiana in una condizione di povertà assoluta, il dato più alto da quando si rileva questo indicatore, con un’incidenza più elevata nelle regioni del sud e tra i giovani. Una vera e propria catastrofe sociale, una condizione indegna di fronte alla quale dobbiamo reagire immediatamente, con provvedimenti concreti in grado di mettere in condizione gli Enti locali, primo avamposto dello Stato sui territori, di poter fornire un supporto a queste persone che oggi soffrono e chiedono risposte».