Due anni di reclusione al socio della ditta di investigazioni e vigilanza, alla fine del processo di primo grado. Le guardie giurate rimaste senza lavoro, negli anni, sono state protagoniste di una lunga vertenza.
E’ arrivata una pesante condanna, in primo grado, alla fine del processo per l’ex socio della società investigativa “Vigile Peloritano srl”, il cinquantatreenne Sebastiano Messina. Il Tribunale ha emesso sentenza in serata: due anni di reclusione
Messina era sostanzialmente accusato della distrazione di beni aziendali per circa centomila euro dalla vecchia società “Vigile Peloritano srl”, di cui il padre Rosario Messina fu amministratore prima e liquidatore poi, alla società “New Vigile Peloritano srl”, di cui Sebastiano Messina era liquidatore.
In concreto, come ha scoperto la Guardia di Finanza dopo una serie di accertamenti tributari ed economico-finanziari, il 1 ottobre del 2008, quando la prima società fu dichiarata fallita, per sottrarre beni ai creditori e anche per favorirne altri, padre e figlio avrebbero ceduto beni con due fatture nel 2007, poi hanno effettuato una serie di pagamenti, prima della procedura fallimentare, con accrediti sui conti correnti della Bnl e del Banco di Sicilia, in relazione ai beni aziendali distratti con un valore sovrastimato.
La II sezione del Tribunale (presidente Samperi) ha anche condannato Messina all’interdizione dall’esercizio di attività commerciali, come previsto dalla legge fallimentare. Messina era difeso dall’avvocato Valter Militi, la curatela fallimentare è stata assistita dall’avvocato Carlo Zappalà. A sostenere l’accusa era invece il pm Antonella Fradà.
Con il passaggio alla New Vigile Peloritano i guai per la famiglia Messina non sono finiti: la Guardia di Finanza li ha arrestati proprio lo scorso anno per i fallimenti “a carosello” della Vigile Peloritano, la New Vigile Peloritano e la Folgore Vigilanza.