Una proroga. Altri 60 giorni di tempo. Messinambiente ci prova e, a pochi giorni dalla scadenza fissata dal Tribunale per la presentazione del piano concordatario per evitare il fallimento, chiede più tempo. Il liquidatore Giovanni Calabrò, sempre coadiuvato dai legali Marcello Parrinello e Paolo Vermiglio, ha inoltrato ieri formale istanza per provare a ottenere gli altri 60 giorni che la procedura di concordato fallimentare prevede. Lo scorso 3 marzo, infatti, il giudice Giuseppe Minutoli aveva detto sì alla proposta di tentare il concordato avanzata da Messinambiente, ma aveva concesso solo due mesi di tempo per confezionare il piano e presentarlo in Tribunale. In questi 60 giorni soprattutto il Comune avrebbe dovuto fare la sua parte e dare sostanza finanziaria ad una proposta che altrimenti resta una richiesta vuota e ovviamente improponibile in sede giudiziaria. Fino a ieri però da Palazzo Zanca nessuna notizia ufficiale. Si aspettavano due delibere di giunta per mettere ufficialmente nero su bianco l’impegno delle somme necessarie per ammortizzare i debiti milionari di Messinambiente. Ma ancora questi atti non sono stati esitati. E dunque Messinambiente ha deciso di giocare l’ultima carta e tentare di ottenere più tempo.
La strategia che si è scelto di seguire è ancora quella che il commissario Calabrò aveva ribattezzato come “Piano Eller”, cioè le risorse finanziarie che servono a Messinambiente dovrebbero essere recuperate nei prossimi bilanci del Comune di Messina, provvedendo a svuotare il Piano di Riequilibrio. In pratica si dovrebbero prevedere 6 milioni annui per il triennio 2017-2019 da inserire nel bilancio di previsione ordinario e poi altri 12 milioni nel biennio successivo, arrivando così al 2021. Un totale di 30 milioni che l’amministrazione dovrebbe già a partire dal previsionale 2017 attualmente in corso di revisione, il famoso bilancio del selfie che poi si è rivelato tutto da rifare.
Palazzo Zanca deve però fare in fretta se davvero vuole provare a salvare Messinambiente da un crac milionario. Anche perché il fallimento della società di via Dogali trascinerebbe con se anche la neonata MessinaServizi Bene Comune che si ritroverebbe piena di problema prima ancora di iniziare ad operare. Con la procedura concordataria, infatti, la finalità principale è di consentire all’azienda, che ha intenzione di ristrutturare il proprio debito e di non fallire, di poter disporre di un congruo margine di tempo per elaborare o un piano di ristrutturazione dei debiti o il piano di concordato preventivo. Questo è ciò che ha fatto la società di via Dogali. Una richiesta che, se verrà accolta, dovrà essere supportata da un piano che dice come e in che modo verranno pagati i debiti. Un piano che dovrebbe approdare in Tribunale entro il 3 maggio, ma di cui non vi è ancora traccia.
Francesca Stornante