Cultura

Ferzan Özpetek e la spudorata espressione del sentire. Il racconto al Taobuk

TAORMINA. Ormai habitué di Taormina e dei suoi festival, Ferzan Özpetek torna in città per la 14esima edizione del Taobuk, accolto dal suo numeroso e affettuosissimo pubblico che si abbandona a grandi applausi nell’accoglierlo a Piazza IX Aprile. Il regista e sceneggiatore curioso dell’animo umano, poeta delle emozioni, presenta a Taobuk il nuovo libro “Cuore nascosto” (Mondadori). In dialogo con Federico Pontiggia, Il Fatto Quotidiano, che sottolinea subito come Özpetek sia un regista e uno scrittore, con un’accoglienza da rock star.

Il legame con il pubblico

Il suo immaginario che si lega inscindibilmente al suo vissuto personale e fa dal suo cinema un diario privato gli ha, da sempre, permesso di entrare in contatto profondo con il suo pubblico: “La mia voglia di condivisione dei sentimenti viene accolta dal pubblico e di questo non potrei essere più felice. Una signora poco fa mi ha salutato in un modo a tal punto caloroso che mi sono convinto di doverla conoscere e non ricordarlo, comportandomi di conseguenza. Allora la signora mi ha precisato di non conoscermi ma di sentirmi, tramite il mio cinema, tanto vicino al suo cuore. Mi capita spesso, non so spiegarmi questo rapporto immediato con il mio pubblico, le persone amano il film e, così, si interessano a me. È davvero la mia soddisfazione principale e ne sono molto grato, forse il merito è soltanto della mia mancanza di pudore nel mettere in mostra i sentimenti”. 

La condivisione con le persone, per il regista, è l’unico vero premio che conti: “Se penso a me come autore la prima cosa che mi viene in mente è il rapporto con le persone. Il bagno turco mi ha cambiato la vita, non ho mai pensato di raccontare una storia omosessuale o bisessuale, ma solo quello che vedevo in giro, quello che sentivo, quindi l’amore. Saturno contro l’ho girato a casa mia, con la mia storia, i miei amici. Mine vaganti non volevo farlo, non mi piaceva come fosse scritto all’inizio, e insieme agli attori lo abbiamo cambiato del tutto. Ognuno di questi lavori è stato, poi, recepito e vissuto personalmente dal pubblico, ha parlato ai suoi sentimenti, l’ha emozionato. Il mio pubblico, tramite i miei film, mi conosce davvero. Non c’è altro che vorrei. Non ricordiamo più chi ha vinto Cannes quattro anni fa, ma chi il pubblico ha amato sì”. 

“Cuore nascosto” e un film tutto al femminile

Ancora una volta senza paura in Cuore nascosto, il suo quarto romanzo, Özpetek offre un mondo di sentimenti intimo e personale. In parte ad esso ispirato, nascerà il suo nuovo film tutto al femminile: “Amo raccontare e lavorare con le donne. Ho deciso, allora, di realizzare questo film con 16 attrici, tutte donne, solo donne. Avremo Luisa Ranieri, Elena Sofia Ricci, Lunetta Savino, Vanessa Scalera, Kasia Smutniak, Jasmine Trinca, Stefania Sandrelli, Milena Vukotic, Ambra Angiolini, Anna Ferzetti, Milena Miconi, Aurora Giovinazzo… e la grande Mara Venier. Iniziamo l’1 luglio, con 8 settimane di riprese”.

Regista della memoria

Definito il regista della memoria, la memoria di cui parla, non solo nel suo cinema, ma anche nei suoi libri, poche volte è storica. È più propriamente la memoria dell’uomo, al di là dei grandi eventi. “Trasformo in narrazione la mia di memoria, quello che vivo. Il ricordo del rapporto bellissimo con mia mamma, di quello più difficile con mio papà, segnato, però, dall’incomunicabilità, non dalla mancanza di affetto. Quando mio papà stava andando via, infatti, mio fratello, che è un po’ sadico, aprì un cassetto del suo studio e trovò un quaderno in cui conservava tutte le mie interviste. Fu molto emozionante per me. Il suo dolore per la mia omosessualità non nasceva dalla vergogna, ma dalla paura per le difficoltà che avrei potuto affrontare, l’ho sempre pensato.
Io vivo, purtroppo o menomale, tra vivi e morti e così alimento questa memoria. Ho perso tante persone, ma le penso sempre. Mangio una cosa buona, o faccio un’esperienza speciale, e dico loro ‘come ti sarebbe piaciuto’. Lo dico proprio ad alta voce, pensando che magari con il solo pensiero non riescano a sentirmi. Per questo motivo, di recente, mi è capitato un episodio imbarazzante: dopo 46 anni mi sono trasferito, dalla mia nuova casa mi muovo a piedi per cercare dimagrire e tenermi un po’ in forma e passo spesso davanti ad una gelateria che frequentavo con quattro amici, tre dei quali non ci sono più. Ogni volta dico loro ‘vi ricordate…’ Una volta, però, arrivano delle signore che mi riconoscono e, sentendomi, mi guardano allarmate, pensando a cosa mai mi fosse potuto succedere. Allora alzo il telefono, fingendo di parlare in videochiamata con qualcuno”.

“Io sono questo”

Parlando di Identità, poi, tema del Festival, per il regista Italo-turco il percorso della nostra autocoscienza non ha mai fine: “Per dire ‘io sono questo’ – dichiara – ci vogliono secoli. Siamo in continuo sviluppo, in continua ricerca di noi stessi. Io sono turco, italiano, veneto, regista, scrittore, sono infinite cose e infinite altre devo ancora scoprirle. Quando sento dire ‘io sono stato me stesso’, mi chiedo come? Io ancora non mi sono trovato, non è facile. Vogliamo avere velocemente tutto, non diamo più valore all’attesa, che era una cosa meravigliosa, l’attesa della chiamata di qualcuno, del vedere una persona, del volere comprendere noi stessi. Così ci perdiamo”. 

La poesia

Özpetek, poi, riflette sul valore della poesia, capace di riportare l’uomo alla comprensione di sé stesso: “I poeti sono fondamentali per me. Una delle cose più belle della mia vita è stato l’incontro con la mia poetessa preferita Wisława Szymborska, l’amicizia stretta con lei, le presentazioni delle sue opere che desiderava facessi io, i pranzi a casa sua con Camilleri e tanti altri scrittori. Leggere la poesia fa bene all’anima, rivela a noi noi stessi. Ne sono legato in maniera maniacale, guardo le poesie in continuazione, vecchie e nuove, e non resisto, devo condividerle. Quasi tutti i giorni cerco di mettere i Don Francesco su Instagram. Ennio Doris, per tre anni, ogni mattino mi mandava un buongiorno con queste citazioni. È stato un secondo papà per me e, ora che non c’è più, sua figlia Sara continua a farlo per me”.

Il fascino dell’essere uomini

In conclusione, il regista mette in luce la bellezza di fare il suo lavoro: “Il mio non è un lavoro, è una sensazione meravigliosa, mi fa capire che l’uomo ha sempre delle risorse che ti stupiscono, anche colui con il quale pensi che non parleresti nemmeno. L’esperienza teatrale con Ferzaneide me lo ha dimostrato sempre di più, non c’era gioia più grande per me che svegliarmi la mattina e sapere di incontrare la sera il mio pubblico a teatro. L’uomo ha natura terrestre. Viene guastato dal rapporto con gli altri, dal dolore, dalle difficoltà, ma trovo sempre qualcosa di incredibilmente affascinante nell’umanità e un grande privilegio nel poterla raccontare”.