Il Palacultura, per la stagione concertistica della Filarmonica Laudamo, ha avuto l’onore, domenica scorsa di ospitare forse il più grande pianista jazz vivente, eletto “Miglior pianista del 2016” dal JJA Awards, Fred Hersch. L’artista americano ha deliziato ininterrottamente il pubblico assai numeroso, per circa un’ora e un quarto, senza intervallo, eseguendo nove brani, più un bis, tratti da composizioni di vari musicisti jazz (Coltrane, Billy Joel, ecc.) e di Hersch stesso.
Fred Hersch, è bene ricordarlo, a causa di una grave malattia nel 2008, complicata dalla sua sieropositività, è stato in coma per due mesi, al suo risveglio aveva perso ogni funzione muscolare, e dovette sottoporsi ad una lunga riabilitazione. Dalla corporatura esile, eseguendo alla fine di ogni brano un inchino senza alzarsi dallo sgabello, bevendo talora dell’acqua da una bottiglietta fra un’esecuzione e l’altra, tutti residui, forse, lasciati dalla lunga malattia, Fred Hersch non ha fatto intravedere invece alcun segno della stessa nella sua maratona artistica, quanto mai sicura e disinvolta, praticamente perfetta. Hersch in ogni interpretazione dei brani jazzistici tradisce la sua formazione classica, acquisita nel conservatorio di Cincinnati (Ohio) sua città natale, che lo ha accompagnato lungo tutti i suoi studi musicali, mentre solo dopo il diploma si dedicato interamente al jazz. Le sue variazioni e improvvisazioni presentano contestualmente aspetti ritmici e lirici, e talora contemplano elementi contrappuntistici, che ricordano Bach. Tuttavia l’aspetto lirico e poetico risulta alla fine preponderante, e ciò fa del pianista americano un musicista jazz unico ed inconfondibile. E così durante la sua meravigliosa performance, un flusso di musica jazz interrotto solo dai fragorosi applausi tributati dal pubblico fra un brano e l’altro, Hersch ha toccato tutte le corde che la musica pianistica può esprimere, dalla sognante melodia, ai ritmi sudamericani, dagli accordi a ritmo di ragtime, alla polifonia baroccheggiante, al lirismo dolce e trasognato, che potremmo definire post romantico. Ai cultori della musica classica, come il sottoscritto ma anche come molti spettatori, il compositore americano potrebbe ricordare il primo Skriabin, per il fluido lirismo che contraddistingue le sue composizioni, che superano le distinzioni classica/jazz, in favore di un concetto unitario della musica. Ciò che più ha impressionato forse è il suo pianismo nitido e cristallino, la eccezionale pulizia del suono, la precisione del tempo, una tecnica formidabile celata dalla naturalezza e disinvoltura nell’esecuzione.
Il bis concesso, una sua composizione, basata su un dolce e sognante tema, che ricorda alla lontana alcune melodie del nostro Morricone, ha concluso dinanzi ad un pubblico entusiasta, lo splendido concerto di questo grandissimo personaggio del mondo del jazz, che, è doveroso ricordarlo, possiede anche una grande spessore umano, essendo stato un promotore per la raccolta di fondi per l'AIDS. D’altronde, la cordialità e l’umiltà con cui Fred Hersch si è rivolto al pubblico durante la serata, ringraziando continuamente per gli applausi e dichiarandosi felice di essere a Messina, non possono lasciare dubbi sulla qualità umana di questo grandissimo artista.
Giovanni Franciò