Un concerto per violino solo poteva rischiare di rivelarsi un po’ monotono e di arduo ascolto, dal momento che il violino, a differenza del pianoforte, non è uno strumento polifonico. Inoltre lo stesso programma proposto – una serie di brani sotto forma di studi o capricci di compositori famosi nella loro epoca (con l’eccezione di Bach) soprattutto per essere stati dei grandi violinisti: Ysaye, Rode, Sivori, Kreisler, Paganini – poteva essere allettante solo per studiosi o interpreti dello strumento. Stefan Milenkovich, esibitosi al Palacultura domenica 20 marzo, ha detto scherzosamente, prima di eseguire i bis, che solo dei pazzi possono assistere ad un concerto di un violinista solista. Se il concerto è risultato tutt’altro che monotono, bensì avvincente, il merito è proprio di Milenkovich, straordinario interprete del violino, che ha regalato al pubblico messinese una serata difficile da dimenticare.
L’artista ha dialogato continuamente con il pubblico, presentando i brani prima di eseguirli, iniziando con la Partita n.3 in mi maggiore BWV 1006 di Johann Sebastian Bach. Il sommo compositore tedesco ha raggiunto vertici mai più superati nella storia dei capolavori dedicati al violino solo, riuscendo a rendere polifonico uno strumento che non si prestava ad esserlo, lasciando ai posteri sei capolavori assoluti, le tre sonate e le tre partite, che rappresentano un “must” per ogni violinista che voglia definirsi tale. Milenkovich ha sottolineato che per i violinisti “l’alfabeto inizia dalla lettera b” (come Bach), musicista il cui studio accompagna i violinisti per tutta la vita – come del resto avviene per i pianisti, gli organisti, i violoncellisti, i cembalisti – ed ha interpretato la partita, l’unica in tonalità maggiore, in maniera impeccabile e cristallina, in tutti i movimenti, ispirati a danze francesi: Preludio, Loure, Gavotte en Rondeau, Menuet I. Menuet II, Bourrèe, Gigue. La prima parte della serata si è conclusa con l’esecuzione della Sonata n. 2 in la minore op. 27, dedicata al violinista “Jacques Thibaud”, di Eugene Ysaye, musicista belga di fine ottocento, brano caratterizzato dalla continua citazione del tema del preludio della partita di Bach appena ascoltata, (il titolo “Obsession –Prelude: Poco vivace”, vuol significare proprio “ossessione” per Bach), mente gli altri movimenti: Malinconia – Poco lento, Danse des Ombres – Sarabande – Lento, Les furies – Allegro furioso, contengono citazioni del Dies Irae gregoriano. La seconda parte del concerto è stata dedicata ai virtuosi del violino, con brani di assai difficile esecuzione tratti dagli studi di Camillo Sivori, allievo di Paganini (il n. 9 Allegretto, dei 12 Studi /Capricci op. 25); dai 24 Capricci in forma di studi di Pierre Rode (il n. 2), famoso violinista francese per il quale Beethoven scrisse la sua ultima sonata per violino e pianoforte, op. 96. Non potevano mancare alcuni dei 24 capricci op. 1 di Niccolò Paganini, probabilmente il più grande virtuoso del violino di tutti i tempi, sicuramente il più celebre. I suoi “Capricci”, introducono, insieme al cantabile proprio del melodramma italiano di primo ottocento, elementi di virtuosismo strabiliante, “il monte Everest” per i violinisti, come simpaticamente osservato dallo stesso Milenkovich. L’artista ha eseguito il Capriccio n. 13 – Allegro “La risata” (uno dei più famosi), il n. 14 – Moderato e il n. 16 – Presto “La Tempesta”, brani celebri attraverso i quali l’esecutore ha potuto sfoggiare tutta la sua abilità virtuosistica. Dopo l’esecuzione del “Recitativo e Scherzo – capriccio op. 6” di Fritz Kreisler, altro grande violinista austriaco, il concerto si è concluso ancora con Paganini, del quale Milenkovich ha eseguito Introduzione e variazioni in sol maggiore op. 38 sul tema “Nel cor più non mi sento” dall’opera di Giovanni Paisiello “La Molinara”, un brano di difficoltà inaudita, eseguito anch’esso in maniera strepitosa.
Nonostante il programma fosse troppo specialistico e potesse appassionare – Bach a parte – solo gli studiosi dello strumento – è stata tale la bravura (ma anche la simpatia) di Milenkovich, che il pubblico del Palacultura, letteralmente – e giustamente – entusiasta, ha reclamato con insistenza il bis. Proprio di Bach, il violinista serbo ha eseguito due brani tratti dalla Partita n. 2 in re minore, la più celebre di quelle composte dal musicista tedesco: “Allemanda” e “Sarabanda”, due capolavori straordinari, interpretati ancora una volta magistralmente da questo splendido artista che ha dimostrato, in particolare nell’esecuzione della Sarabanda, di non essere solo un eccezionale virtuoso, ma anche un sensibilissimo interprete.
Giovanni Franciò