Sabato 25 giugno alle 00.47 mi si è fermato il cuore. Ero appena rientrata a casa quando mi è arrivato il whatsapp con la segnalazione di un incidente stradale in via Garibaldi. Ho smesso di respirare. Mio figlio ha 20 anni, era uscito con la mia auto ed ancora non era rientrato. In quel messaggio c’era scritto di un incidente tra due auto,una delle quali stava correndo, ma non c’erano altri dettagli. Per lunghissimi istanti il mio cuore si è fermato. Sapevo che mio figlio per rientrare avrebbe fatto un’altra strada , inoltre la mia vecchia auto di seconda mano, di oltre 13 anni, non avrebbe mai potuto superare i 100 chilometri orari, ma ugualmente non respiravo.
Per un paio di minuti sono stata la mamma di Lorena. Solo per caso non sono stata lei. Mio figlio ha percorso un altro tragitto, in un altro orario. Il mio cuore, la notte tra il 25 e il 26 giugno, ha ripreso a battere, ma dentro di me quella sensazione non andrà mai via e si ripeterà ogni volta che una serata di serenità per i nostri figli si trasformerà in tragedia.
Siamo migliaia le mamme di Lorena e non sappiamo mai se e quando sarà il nostro turno di smettere di respirare per minuti interminabili per poi vivere con il cuore a metà per tutto il resto della nostra vita.
Ma non c’è solo lo strazio. C’è la rabbia che viene dalle viscere per quanto accaduto quella notte. E’ rabbia ed è sete di giustizia perché soltanto la giustizia potrà rendere evitabili queste stragi.
Parliamo tanto di prevenzione, informazione, educazione stradale, controlli, ma fin quando la giustizia non farà il suo corso in modo rapido e certo allora continueremo a piangere le mille vittime nelle nostre strade.
Non è stata una tragica fatalità ad uccidere Lorena. E’ stata la deliberata e sfacciata violazione delle regole. Da anni parliamo di educazione stradale ma continuiamo a contare i morti delle stragi del sabato sera. Da anni le pattuglie delle forze dell’ordine fermano i ragazzi per fare l’alcol test, da anni vanno in onda gli spot e le campagne di prevenzione. Non esiste un solo adolescente che non sappia che se guida ubriaco, se ha preso sostanze stupefacenti, se fa le gare all’alba, il rischio di un incidente è elevatissimo. Eppure lo fanno ancora. Non tutti. Migliaia di giovani stanno attenti. Ma per uccidere Lorena ne è bastato uno solo. Non è stato per caso che è morta Lorena. Se infrangi la legge non è un caso, a maggior ragione se, come Gaetano Forestieri, sei un sottoufficiale della Guardia di Finanza e si suppone tu abbia fatto del rispetto della Legge la tua ragione di vita.
E mentre le mamme di Lorena piangevano nella chiesa di Cristo Re l’ennesimo fiore stroncato sull’asfalto, giovedì pomeriggio, i giudici condannavano Luca Lo Miglio a 4 anni e 4 mesi, per aver travolto e ucciso, ubriaco, la sera dell’8 marzo, Rebecca Lazzarini, 14 anni. Correva a bordo di una Bmw a noleggio, aveva bevuto, ed aveva già subito due condanne per guida in stato di ebbrezza. Non è stata un caso la morte di Rebecca. E’ stata conseguenza di una consapevole violazione della legge. Per questo noi mamme di Rebecca e Lorena chiediamo giustizia.
Se un rapinatore entra in una banca armato e poi spara, viene punito per aver violato la legge. Allo stesso modo chi va in giro “armato” e guida ubriaco, drogato, corre, deve essere condannato.
Voglio gridare grazie a Pina Cassaniti Mastrojeni, che ho conosciuto nei giorni dello strazio per la morte della sua Valeria, uccisa a 17 anni nel ’97, e negli anni della lotta con l’Associazione vittime della strada e che ha portato all’approvazione della legge sull’omicidio stradale nei mesi scorsi.
“Un incidente non è frutto del caso, è un omicidio- mi diceva al telefono il 9 marzo, il giorno dopo la morte di Rebecca- Chi ha ucciso Valeria quella sera correva a 130 kmh in una stradina dove il limite consentito era 30 kmh. Chi corre ignorando deliberatamente la legge e corre dopo aver bevuto, deve essere considerato responsabile delle sue azioni. Non è un incidente, è un omicidio ed i magistrati devono considerarlo tale. Ammazzare è un reato. Se togli la vita ad una persona solo se fai il carcere puoi davvero capire quello che hai fatto”.
Se ammazzi commetti un reato. In generale potremmo anche parlare di “omicidio premeditato”. Se ti metti ubriaco al volante oppure ingaggi una gara in pieno centro sei consapevole che puoi fare del male. E’ come andare a Piazza Cairoli con un fucile carico e giocare con il grilletto. Non sai esattamente chi potrai colpire, ma sai che un fucile carico spara se giochi col grilletto. E’ una “premeditazione generica”. Non sai esattamente che volto ha chi colpirai, quanti anni e sogni ha. Ma sai che potrai uccidere qualcuno. Come un cecchino su un tetto. Non sai se sparando colpirai una studentessa che rientra da una serata con amici o una ragazzina sul ciglio della strada mano nella mano con i genitori.
La mamma di Lorena avrebbe voluto piangere il giorno della sua laurea, avrebbe voluto essere al suo fianco nelle battaglie per trovar lavoro, gioire per il primo stipendio. La mamma di Rebecca avrebbe voluto essere accanto a lei agli esami, darle consigli al primo batticuore, asciugarle le lacrime quando il cuore le si sarebbe spezzato, ma solo per amore.
Non bastano le campagne informative, né i controlli. Serve la giustizia. Tanto lavoro devono fare anche le famiglie. Ai nostri figli dobbiamo insegnare il rispetto per le regole e per la vita. Dobbiamo insegnargli ad avere il coraggio di essere diversi e non diventare schiavi del conformismo del branco. Raccontano i compagni di Lorena che “non correva mai, andava come una lumaca”. Faceva bene. Un esempio da seguire. Come genitori abbiamo la responsabilità dell’educazione dei nostri figli al rispetto delle regole, non dobbiamo consegnare loro un’arma carica, né assolverli quando hanno comportamenti illeciti.
Mi sconvolge sapere che accanto all’Audi guidata da Gaetano Forestieri c’era un’altra vettura, ad altissima velocità. I vigili urbani hanno la targa. Mi sconvolge pensare che in quell’auto c’è un testimone, o più testimoni, di un omicidio. Ma nell’immediatezza, nei giorni del dolore, non si sono presentati alle autorità per chiarire i contorni dell’accaduto. Mi sconvolge che non si siano fermati.
Eppure un giorno potrebbero essere loro la mamma di Lorena. Un giorno potrebbero essere loro Lorena e qualcun altro, travolgerli ad un incrocio.
Rebecca aveva 14 anni. Lorena 23. Valeria 17. Sono tutte nostre figlie. E’ solo per caso se è capitato ad altre madri, ad altri padri, ad altri fratelli.
Ed è solo colpa nostra.
Rosaria Brancato