Nel grande calderone dei debiti di Palazzo Zanca non potevano mancare le società partecipate. Non è certo una novità che proprio le società “figlie” del Comune rappresentino un fardello pesantissimo per la già precaria situazione economica, ma il problema non sono solo le enormi partite debitorie che quasi tutte le partecipate si trascinano dietro. In molti casi, infatti, sono proprio loro a batter cassa al Comune e ad essere creditori. Come se non bastasse la lunghissima sfilza che figura nel report aggiornato al 31 dicembre 2013 dai Dirigenti comunali. Ieri, da un’approfondita analisi di questo documento, è emerso che i debiti fuori bilancio censiti nel piano di riequilibrio ammontano a 109.768.130,12 euro, mentre i debiti potenziali dell`ente ruotano sul mezzo miliardo di euro (vedi articolo correlato).
Per provare a mettere qualche pezza ed uscire da questo tunnel buio che rischia di condurre direttamente al dissesto, l’amministrazione Accorinti e il Consiglio comunale hanno esitato il piano di riequilibrio decennale che adesso è stato inviato al vaglio della Corte dei Conti che nel giro di qualche mese darà il suo responso: o concedere al Comune di Messina l’appiglio al cosiddetto “salvacomuni”, che darebbe un po’ di respiro grazie al prestito di 60 milioni di euro per coprire parte di questi debiti, oppure cassare quel piano e dire addio a qualsiasi ipotesi di salvezza.
Scorrendo la tabella si scopre che sotto la voce “partecipate, a spiccare è l’Ato3. E’ proprio la società oggi in liquidazione ad essere tra i più importanti creditori del Comune.
Da cosa sono composti questi debiti? Naturalmente compaiono una serie di cifre che si riferiscono a servizi resi negli anni scorsi e per i quali il Comune non ha versato il giusto corrispettivo. Vediamo dunque che c’è 1.998.398,02 euro per i servizi di igiene ambientale, smaltimento rsu e raccolta differenziata relativi ai mesi di novembre e dicembre 2007. Altri 4.336.815,17 euro rispondono alla differenza tra l'importo del Piano Industriale approvato dall’assemblea dei soci e lo stanziamento previsto poi nel bilancio di previsione. 2009 dal Comune di Messina. La stessa circostanza si è verificata anche nel 2010 e 2011, da quando cioè l’Ato 3 è in liquidazione: il Piano industriale della gestione rifiuti prevedeva una cifra, ma lo stanziamento del Comune non corrispondeva e dunque differenza di importo da 3.722.006,13 euro (2010) e 1.780.385,3 euro.(2011). Nei debiti fuori bilancio del Comune con l’Ato3 ad un certo punto compaiono anche 2.800.000 euro di cui però nel report non si spiega alcun dettaglio. Basta rispolverare la memoria per qualche minuto e tornare indietro per ricordare che quei 2, 8 milioni si riferiscono al 2007 e non sono altro che somme che il Comune aveva "tagliato" all'Ato3 per mancanza di liquidità e che avevano portato l'Ato a presentare un ricorso contro lo stesso Comune. Ne scaturì un contenzioso che lo scorso anno aveva attirato l’attenzione del Consiglio comunale che proprio in questo periodo si trovò ad esaminare la delibera con tutti i debiti Cmune-Ato3, delibera che avrebbe dovuto portare all’accesso al fondo di rotazione regionale per chiudere tutta la partita debitoria dell’Ato3. Quella delibera non ha mai visto la luce, è stata poi inserita con un escamotage nel Piano di riequilibrio decennale.
In totale in debiti fuori bilancio che il Comune ha maturato nei confronti delll’Ato3 ammontano a 14.637.604,62.
Poi ci sono i debiti con l’Ato idrico, giusto per non farsi mancare nulla. Anche in questo caso si tratta di differenze nelle quote di riparto delle spese di funzionamento della struttura. Ci sono 1.723.067,67 euro, relativi agli esercizi dal 2005 al 2010; 294.771,06 euro relative agli esercizi dal 2005 al 2010; altri 369.303,81 euro per il bilancio 2012.
Tra le partecipate c’è anche Messinambiente che attende dal Comune .744.596,53 euro per un debito di utenze e canoni. Alla fine il totale dei debiti fuori bilancio per il Comune, alla voce partecipate si attesa sui 18.769.343,69.
Oltre a quelli attestati e riconosciuti come fuori bilancio, ci sono poi i debiti potenziali. Il più sostanzioso è con l’E.A.S., l’Entre acquedotti siciliani che per il servizio di vettoriamento del flusso idrico proveniente dall'acquedotto Bufardo e dai pozzi Moio nel periodo 1979-1998, quasi vent’anni fa, reclama 12.474.432,03 euro.
In fila anche l’Atm che chiede altri 1.539.632 euro grazie ad una sentenza che si è espressa in suo favore. Alla fine il totale complessivo risponde a 32.988.372,25 euro. Questi i debiti che oggi il Comune deve saldare con le sue partecipate.
Come abbiamo visto la mole più consistente riguarda l’Ato3, dunque il martoriato settore dei rifiuti. Quelli con le società partecipate non sono gli unici debiti seminati. Ci sono 7.858.191,19 euro di debiti, fuori bilancio e potenziali, che fanno capo al Dipartimento Ambiente e Sanità, quello che dunque si occupa anche di rifiuti. Vediamo che ad esempio il Comune deve pagare a Tirrenoambiente, società che gestisce la discarica di Mazzarrà S. Andrea e che proprio un anno fa chiudeva i cancelli a Messina perché non pagava le spese, 620.045,9 euro di ammortamento costo di costruzione discarica del comune di Tripi da versare alla Regione; 5.583.727,42 euro per la discarica di Tripi per il periodo dicembre 2002 e ottobre 2003; infine tributo speciale da 930.074,71 euro.
Il pianeta rifiuti costringe dunque il Comune a fare i conti anche con i debiti, oltre che con tutti i problemi quotidiani da affrontare. Debiti che di fatto sono stati inseriti nel Piano di riequilibrio decennale senza quasi batter ciglio, mentre lo scorso anno per quella delibera di accesso al fondo di rotazione si solleveranno dubbi e polemiche. Ad oggi la fotografia è chiara. E a dirlo sono i numeri.
Francesca Stornante