Assolto da 7 accuse su 8 il notaio Paderni, coinvolto nell’inchiesta sui fondi esteri della famiglia Genovese, sequestrati a Messina, condannato ad un anno. Processo a marzo, invece, per la famiglia del deputato.
Ha deciso così il giudice Monica Marino alla fine del processo in abbreviato che vedeva alla sbarra Stefano Paderni, notaio tra i più quotati. Il giudice ha cassato ben 7 capi di imputazione su 8, assolvendolo nel merito da quasi tutte le accuse, quindi, ed ha deciso la sola condanna ad un anno, pena sospesa, per una ipotesi residua legata al suo ruolo di notaio verbalizzante ad un’assemblea della Gefin.
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Il professionista è stato difeso dall’avvocato Alessandro Billè, che ha sempre sostenuto la insussistenza delle accuse, che ribadisce anche a proposito di questa partecipazione. Per lui l’Accusa, i PM Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti, avevano chiesto la condanna a 2 anni e mezzo.
La Gefin è una delle società di Francantonio Genovese finite nel mirino della Procura di Messina, che ha passato ai raggi x il patrimonio dei familiari dell’onorevole, risalendo ad alcuni passaggi di capitali attraverso fiduciarie estere, poi rientrate in Italia. Il sequestro scattò a novembre del 2017.
L’ipotesi iniziale, a parte i reati fiscali, erano di riciclaggio ed auto riciclaggio. Accuse che non hanno retto al vaglio preliminare, a luglio scorso, per la posizione dei familiari di Genovese e le stesse sigle societarie, uscendo molto ridimensionate.
Il GUP Marino in quella occasione ha deciso il processo per approfondire la sussistenza dei reati fiscali, mentre ha fatto cadere quelle di riciclaggio ed auto riciclaggio. Ben 11 milioni di euro l’ammontare “congelato” inizialmente dalla magistratura.
L’ipotesi che resta in piedi per il notaio Paderni riguarda un’assemblea societaria chiave, durante la quale Genovese, fuor di termini tecnici, liquida le quote, per sottrarle al pegno. Un passaggio che, secondo l’Accusa, Paderni non poteva ratificare sic et simpliciter. Di altro avviso l’avvocato Billè, che ha ribadito come il suo ruolo non poteva andare oltre a quello del notaio verbalizzante appunto.
Intanto oggi in Corte d’Appello si definisce il “secondo round” del processo sulla formazione professionale, per Genovese. Anche in quell’ambito la Procura aveva disposto un sequestro di beni milionario.
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