Dall’avvocato Fernando Rizzo, presidente della Rete civica per le infrastrutture nel Mezzogiorno, riceviamo e pubblichiamo un articolo sul tema ponte. E, in particolare, sui conflitti di questi giorni, interni al centrodestra, tra Forza Italia e Lega.
Desta sconcerto leggere dichiarazioni contrarie all’uso dei Fondi di sviluppo e coesione (Fsc) destinati a Sicilia e Calabria, per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina e opere collegate, rilasciate da responsabili di forze politiche del governo siciliano. Lo stupore si moltiplica se provengono dal partito (Forza Italia, n.d.r.) che per primo ha voluto l’opera, ostacolando il piano finanziario dell’unica infrastruttura in grado di trarre la Sicilia fuori dalla marginalizzazione, dall’ultimo posto nelle classifiche europee per inoccupati su 241 regioni europee.
La mancanza del collegamento stabile costa ai siciliani 6,5 miliardi l’anno, oltre 7 punti di Pil regionale, secondo i dati dell’Istituto Prometeia, studio commissionato dal presidente Musumeci nella scorsa legislatura regionale.
Appare singolare sollevare eccezioni per appena 300 milioni prelevati dai fondi complementari accantonati dallo Stato in un sessennio, fondi che la Regione Siciliana non riesce a spendere per miliardi, in mancanza di progetti cantierabili di rilevanza regionale, nazionale o europea sul territorio. Se i dati riportati da Sky sono corretti, al 31 agosto del presente anno, sui fondi 2014/2020, la Regione è riuscita a impegnare circa il 64% dei 6,6 miliardi assegnati restituendo 2,37 miliardi. È l’ennesima dimostrazione della incapacità della politica regionale di uscire dal provincialismo del siciliano “sale delle terra” che si bea di sole, mare e paesaggio, che accomuna la politica siciliana da destra a sinistra, mentre al centro nord sulle grandi opere infrastrutturali sono sempre coesi.
E ciò malgrado il 45% delle opere collegate al ponte saranno costruite in Sicilia, per un totale di 10,4 km (in galleria 71%; all’aperto 23%; su viadotto 6%) per gli allacci alle autostrade A18 Messina-Catania e A20 Messina-Palermo in concessione al Cas; ben 17,5 km (in galleria 93%; all’aperto 5%; su viadotto 2%) per gli allacci alla nuova stazione ferroviaria di Messina. E nel progetto sia inserita la metropolitana Messina – Reggio Calabria, comprendente le stazioni in sotterranea di Viale Europa, Annunziata, Papardo e il collegamento con Villa San Giovanni, Reggio centrale e aeroporto di Reggio.
Oltre al ripascimento delle spiagge da Monforte a S. Agata, la via del mare da Gazzi a Tremestieri, il risanamento della zona falcata, la riqualificazione dei laghi di Ganzirri, il depuratore di Tono e la nuova rete fognaria zona nord. Opere capaci di dare nuova prospettiva alla Sicilia che ha perso in 10 anni circa 300.000 abitanti e a Messina che ne ha perso 25.000 nello stesso periodo, risultando la città europea con il più alto spopolamento.
Tale conflitto istituzionale è stato immediatamente colto dai media e dai partiti nazionali, pronti a chiedere che le risorse Fsc siano – come sempre – stornate verso regioni più efficienti, magari per qualche altra pedemontana in Lombardia o Veneto, per qualche tunnel, passante o metropolitana in Emilia Romagna o Piemonte, data la consapevolezza di un’incapacità conclamata di utilizzare risorse europee e nazionali per miliardi.
Rete Civica stigmatizza tale inadeguatezza programmatica, sintomo di un limite culturale e di visione, tipico di una gran parte di siciliani che da sempre antepongono “u cumannari” al benessere del proprio territorio.
Fernando Rizzo
Rete civica per le infrastrutture nel Mezzogiorno