E’ giunta ad una svolta clamorosa l’inchiesta della Procura sui finanziamenti concessi dalla Regione agli enti che organizzano corsi di formazione professionale. Il sostituto procuratore Camillo Falvo ha inviato l’avviso di conclusione delle indagini all’ex assessore comunale alla viabilità Melino Capone nella sua qualità di ex commissario regionale dell’Ancol. Secondo l’accusa l’Associazione nazionale delle Comunità di lavoro, avrebbe percepito indebitamente 13 milioni e 600mila euro dalla Regione Siciliana dal 2006 al 2011. L’Ancol Sicilia è una onlus senza scopo di lucro ma in questi anni sono stati assunti familiari di noti esponenti politici messinesi e siciliani. Nel provvedimento firmato dal sostituto procuratore Falvo viene ipotizzato per Capone il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
A condurre l’inchiesta in questi anni, con decine di acquisizioni di documenti, gli uomini della sezione di PG della Guardia di Finanza che ha preso in considerazione fatti avvenuti fra il 2006 ed il 2011. Fino al 2005 Capone era commissario regionale per l’Ancol Sicilia ma i rapporti con la sede centrale da tempo si erano incrinati e nel 2006 la carica gli fu revocata. Capone, secondo l’accusa, avrebbe però continuato ad operare come se nulla fosse. L’Ancol nazionale inviò una lettera alla Presidenza della Regione Siciliana spiegando che a Capone era stata revocata la carica e che in Sicilia non esistevano più circoli e sedi regionali della onlus né soci iscritti o dirigenti in carica. La lettera però, secondo quanto accertato dai finanzieri, fu archiviata frettolosamente senza darne comunicazione ai dirigenti della Regione ed in particolare a quelli dell’assessorato all’Istruzione ed alla Formazione Professionale. A disporre l’archiviazione della missiva sarebbero state Patrizia Di Marzo, funzionario direttivo della segreteria dell’Avvocato Generale della Regione Siciliana e Anna Saffioti responsabile dell’Area Affari Generale della Regione entrambe indagate nell’inchiesta con l’ipotesi di truffa. Nonostante la revoca dell’incarico Melino Capone, secondo quanto accertato dalla Guardia di Finanza, avrebbe continuato a presentare alla Regione Siciliana progetti formativi presentandosi come rappresentante legale dell’Ancol Sicilia. I progetti sono stati regolarmente finanziati dalla Regione per un totale di 13 milioni e 600 mila euro. Cifre che hanno consentito di aprire nuove sedi a Barcellona, Priolo Gargallo, Catania, Palermo e Mirabella Imbaccari e di effettuare diverse assunzioni. Le indagini hanno permesso di accertare che Capone ha assunto il padre, con uno stipendio medio di 3500 euro mensili, la madre, il fratello, la moglie del fratello e tre cugini. Ma hanno ottenuto un posto di lavoro nell’ente anche mogli e familiari di politici regionali e nazionali, di sindaci, assessori e consiglieri comunali di Messina e provincia tutti appartenenti all’area politica di cui fa parte Capone. La retribuzione mensile oscillava fra i 1200 ed i 1600 euro. Molti di loro sono transitati dai livelli bassi a quelli dirigenziali dove gli stipendi erano più alti. Dei tredici milioni e mezzo di euro che sarebbero stati percepiti indebitamente, il 70% è stato erogato dal fondo sociale europeo, il 21% dallo Stato e il 9% dalla Regione Siciliana.