Forza d’Agrò è avvolta da un velo di tristezza. Il dolore si respira nell’aria, per le vie del centro collinare piene di persone che si dirigono alla Chiesa della Santissima Annunziata dove alle 17 è prevista la celebrazione della messa per Dario Lombardo, il ragazzo di venticinque anni rimasto vittima nel deragliamento del treno a Santiago di Compostela.
Poco dopo le 16 la Chiesa è già gremita di persone. Giovani per lo più. Dario ride nelle magliette che gli amici indossano con la sua foto stampata sul cuore. Sulle spalle la scritta “Non ascolto il passato e non guardo il futuro: mi sento vivo'', le parole con cui tutti in questi giorni lo hanno ricordato, quelle ultime frasi scritte su facebook il giorno prima del tragico incidente e divenute il suo lascito morale. Dario ride e ha i capelli al vento, come fosse davvero in mezzo a tutte le persone che sono presenti in chiesa e fuori dalla chiesa per ricordarlo ancora una volta, per porgergli l’ultimo saluto.
Dario ride perché era quello che era solito fare. Sempre pieno di gioia, sempre pronto a fare festa, sempre circondato dagli amici. E’ questa l’immagine che tutti quelli che lo conoscono hanno e offrono di lui. Don Luciano, il parroco di Forza d’Agrò, è il primo a parlare: “Una fiamma troppo presto spenta da un tragico colpo di vento”. Con queste parole lo saluta, parole che rimangono in fondo al cuore, difficili da mandare giù, insieme alle ragioni che non esistono e che a cercarle lacerano l’anima. L’anima dei familiari, la mamma Pina, il papà Mimmo e il fratello Alberto, e poi gli zii e i nonni.
La messa è celebrata da monsignor Calogero La Piana: “Oggi siamo di fronte al mistero di una giovane vita spezzata – dice ai presenti -. Non ho parole umane da dire se non quelle della vicinanza, della solidarietà, della condivisione del dolore. Ogni parola umana rischia di essere inadeguata e insufficiente perché la ferita è grande e soprattutto perché l’affetto di Dario viene meno improvvisamente”.
Ma Dario di affetto ne ha profuso tanto nei suoi venticinque anni di vita. Lo ricordano prima il sindaco di Forza d’Agro Fabio Di Cara, poi lo zio, e ancora gli amici. Un pensiero da ognuno. E tutti con le lacrime in gola, a metà tra la pancia e il respiro, che qualche parola fa fatica ad uscire tutta intera, qualche parola è prima un sospiro, di quelli profondi, di quelli che servono a inghiottire il pianto prima di proseguire. Ma il senso è perfetto.
Dario esce sorretto dagli amici e dai parenti. Un lungo applauso lo attende fuori dalla Chiesa che intanto si è svuotata. Un applauso che sembra finire ma poi ricomincia più forte di prima. Poi il silenzio e poi quel “Ciao Dà” urlato dagli amici. E poi ancora il silenzio. E singhiozzi amari. E’ arrivato il momento di lasciarlo andare. (Giusy Briguglio)