la storia

Franca Viola, che 54 anni fa ha cambiato la storia: “Mai avere paura di lottare”

Leggendo varie notizie sul web e sui giornali, mentre studiavo diritto di famiglia e, specificamente, l’istituto del matrimonio, mi è apparso il nome di Franca Viola. Quanti di voi ne hanno sentito parlare? Informandomi su chi fosse, sono rimasta davvero affascinata da questo personaggio femminile, tanto che ho deciso di scrivere qualcosa su di lei per presentarla a chi non la conosce.

Franca Viola è la prima donna che, in Italia, si è opposta al matrimonio cosiddetto “riparatore”, con questo suo gesto ha contribuito a far divenire tale pratica illegale.

L’istituto del matrimonio riparatore, frutto di una mentalità che concepiva la donna come oggetto di proprietà, permetteva allo stupratore di una ragazza minorenne di non essere considerato colpevole del reato di violenza carnale, se l’avesse sposata. Attraverso il matrimonio, in parole povere, questi non era più perseguibile penalmente. Il matrimonio riparatore era riconosciuto dal codice penale, fino al 1981, come una causa di estinzione del reato di violenza sessuale. Ai sensi dell’allora vigente art. 544 c.p. “Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’art. 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”.

Franca Viola si trovava proprio in analoga situazione.

Franca Viola nasce ad Alcamo, in Sicilia, nel 1948. All’età di 15 anni, con il consenso dei genitori, si fidanza con Filippo Melodia, nipote di un mafioso. Proprio per la sua filiazione mafiosa, questi viene arrestato ed il padre di Franca, Bernardo Viola, decide di impedire il fidanzamento, subendo varie ripercussioni. Filippo Melodia, nel 1965, rapisce Franca che viene rinchiusa in un casolare e violentata. All’epoca non era tanto la violenza subita a creare scalpore, quanto la compromissione dell’onore della giovane donna e della sua famiglia. Alcuni giorni dopo il rapimento, Franca Viola viene riportata ad Alcamo e rinchiusa a casa della sorella. Il padre riceve la telefonata dello zio mafioso di Filippo Melodia per organizzare il matrimonio riparatore che avrebbe tutelato l’onore delle famiglie e avrebbe evitato la condanna penale a carico del Melodia. Il padre di Franca, su consiglio della polizia, finge di accettare l’accordo, per riuscire a confrontarsi con la figlia senza la famiglia Melodia. Prima del matrimonio riparatore, infatti, l’autore della violenza non è tutelato e viene arrestato e rinchiuso in carcere per qualche giorno.

“ – Cosa vuoi fare Franca? – Non voglio sposarlo. Va bene tu metti una mano, io ne metto cento”

Sono state queste le parole del padre che Franca Viola ricorda ancora.

Nel 1966 inizia a Trapani il processo a Filippo Melodia, imputato non solo di violenza carnale, ma anche di ratto a fine di matrimonio e di lesioni plurime aggravate. Franca insieme al padre si costituisce parte civile. E’ una scelta difficile e contro la mentalità dell’epoca. Nessuno salutava più Bernardo Viola, che perse tutti gli amici. E la stessa Franca veniva accusata di essere stata lei a volere tutto questo, compreso il rapimento, veniva addirittura additata come “donna svergognata”.

Il caso assume rilevanza nazionale e conduce alla messa in discussione del codice penale, infatti, Oronzo Reale, allora ministro della Repubblica, propone l’abrogazione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore. Proposta che verrà accolta solo dopo il 1981, mentre nel 1996 lo stupro da reato contro la morale sarà riconosciuto come reato contro la persona.

Filippo Melodia viene condannato, in Cassazione, a 13 anni di carcere, con divieto di far rientro in Italia meridionale. Viene ucciso nel 1978, a Modena, con un colpo di “lupara”.

Franca è riuscita a ricostruirsi una propria vita, vive con suo marito a Monreale e ha due figli. L’8 marzo del 2014 è stata nominata Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana da Giorgio Napolitano.

“ Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé… Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa”

Una donna che è stata sicuramente simbolo di libertà. Libertà dalla paura e dai pregiudizi. Emblema del cambiamento rispetto ad una mentalità bigotta e moralista che finiva per condannare la vittima di uno stupro, piuttosto che chi lo commetteva; mentalità che ancora oggi, purtroppo, riecheggia nelle parole di chi, troppo facilmente, dice “se l’è andata a cercare”.

Federica Cacciola