Cronaca

Furti nei piccoli cimiteri messinesi e palermitani. Tre arresti

Rubavano pluviali in rame di scolo delle acque meteoriche dai cimiteri delle province di Messina e Palermo. Padre e figlio, di Santo Stefano Camastra, sono stati arrestati e posti ai domiciliari, un’altro stefanese dovrà osservare l’obbligo di dimora mentre un palermitano è ai domiciliari per ricettazione del materiale rubato.

I fatti, come sottolineato dal giudice Andrea La Spada nella sua ordinanza cautelare, hanno riguardato “… la densa sequela di furti di pluviali in rame (ed in un caso di bobine di cavi, sempre in rame, sottratte alla Stazione FF.SS. di S. Stefano di Camastra) perpetrati ai danni di numerosissime cappelle gentilizie allocate nei cimiteri di vari centri nebroidei e madoniti nell’arco temporale compreso tra i mesi di febbraio ed aprile 2024 ad opera variamente degli indagati”.

Undici furti in undici diversi cimiteri e uno alla stazione di Santo Stefano Camastra. Nel dettaglio:

  1. cimitero di Sant’Agata di Militello (ME), in data 25.2.2024;
  2. cimitero di Cefalù (PA), a fine febbraio 2024;
  3. cimitero di Rocca di Capri Leone (ME), tra l’08.03.2024 ed il 10.03.2024;
  4. cimitero di Capo d’Orlando (ME), nella prima decade del mese di marzo,
  5. cimitero di Pollina (PA), in data del 10.03.2024 ed il 13.03.2024
  6. cimitero di Santo Stefano di Camastra (ME), tra il 16.03.2024 ed il 18.03.2024;
  7. cimitero di Castelbuono (PA), tra il 28.03.2024 alla data del 31.03.2024”;
  8. cimitero di Galati Mamertino (ME), in data 01.04.2024,
  9. cimitero di Lascari (PA), tra il 02.04.2024 ed il 04.04.2024,
  10. cimitero di San Salvatore di Fitalia (ME), in data 04.04.2024,
  11. cimitero di Brolo (ME), in data 08.04.2024.

Sempre secondo quanto evidenziato dal giudice nella sua ordinanza, venivano scelti cimiteri privi di videosorveglianza, poco illuminati, ove poter agire indisturbati tra le 19 e le 24, rimanendovi non più di due ore.

Entravano scavalcando il muro di cinta, oppure utilizzando delle scale opportunamente predisposte, in un caso addirittura tagliando la rete di recinzione metallica ed entrando con un veicolo. Poi staccavano i pluviali di rame dalle cappelle gentilizie (nell’ordine di diverse decine per volta), li accartocciavano per poterli agevolmente riporre all’interno delle auto utilizzate per il trasporto del materiale (una Fiat Bravo oppure una Fiat Panda, quest’ultima presa a noleggio), avvicinavano il mezzo nei pressi del “bottino così lavorato”, poi telefonavano alla persona di Palermo indagata per il reato di ricettazione, città ove immediatamente dopo si recavano per consegnare e monetizzare la refurtiva così rubata.

Eloquenti i messaggi di volta in volta inviati al palermitano (“Tonino, in un’oretta son da te, va bene?) per avvisarlo del loro arrivo a Palermo; valore “iconico” e “plasticamente rivelatore dell’oggetto del commercio tra gli indagati” assume poi, così come rilevato dal giudice, il selfie inviato al palermitano da parte di uno degli indagati, mentre si trovava, insieme al suo complice, a bordo di un’auto letteralmente stipata di pluviali di rame, tutti accartocciati ed accatastati sui sedili posteriori.

Il bottino realizzato consisteva, di volta in volta, in centinaia di metri lineari di pluviali, con un peso di svariate centinaia di chili di rame (fino anche a 500 chili per volta), per un valore (e correlativo danno) di diverse migliaia di euro per furto.

Le indagini svolte dai carabinieri di Santo Stefano di Camastra – consistite in appostamenti, nell’analisi della telecamere di sorveglianza in alcune vie limitrofe ai cimiteri, nell’analisi del traffico storico dei telefoni cellulari in uso agli indagati e nella loro geo-localizzazione, nell’analisi dei dati del traffico Telepass (transiti autostradali), nell’analisi dei dati del sistema di monitoraggio satellitare (Gps) installato su una delle auto utilizzate – hanno consentito di formulare un quadro di gravità indiziaria a carico degli odierni indagati in ordine ai reati loro rispettivamente contestati.