Il direttore generale del Papardo Michele Vullo ha dato incarico, stanziando mille euro, ad un legale esterno (ritenendo l’ufficio legale dell’azienda sanitaria troppo oberato)l’avvocato Marco Parisi, per predisporre il ricorso al Tar contro l’ordinanza del sindaco Accorinti anti-chiusura del Pronto soccorso del Piemonte. Nel frattempo il Comitato salvare l’ospedale ha presentato una seconda denuncia in Procura perché Vullo non sta ottemperando alla filosofia del provvedimento, cioè il mantenimento del Pronto soccorso nella sua interezza, con i reparti annessi.
Ma da venerdì 16 c’è un fatto nuovo che dovrebbe sgomberare il campo da tutti gli equivoci e le ambiguità: è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia la legge n°24 del 9 ottobre 2015, nota come la legge Irccs-Piemonte.
La norma infatti, all’art.1 comma 6 (introdotto grazie ad un emendamento di Valentina Zafarana) mette nero su bianco e con valenza di legge un dettaglio non da poco: “nelle more dell’emanazione del decreto di cui al comma 3 (ndr. il decreto attuativo dell’assessore Gucciardi) il direttore generale del Papardo assicura la migliore funzionalità del Pronto soccorso e dei servizi e reparti correlati del presidio ospedaliero Piemonte”.
Questo comma di fatto afferma che il dg Vullo ha il dovere, stabilito da una legge regionale (presentata dalla deputazione regionale e fatta propria dall’assessore Gucciardi) di garantire la massima funzionalità non solo del Pronto soccorso in senso stretto ma anche dei servizi e dei reparti correlati, ovvero quelle unità operative che ha iniziato a smantellare sin da giugno con la scusa delle ferie e che si apprestava a cancellare definitivamente con il decreto del 16 settembre.
Il manager ha sempre dichiarato,nel firmare i decreti, di “limitarsi ad applicare la legge”, cioè il decreto di gennaio sul piano regionale della rete ospedaliera (peraltro appena bocciato dal ministro Lorenzin) e il decreto Balduzzi che vieta i doppioni delle unità operative. Ne consegue che anche in questo caso Vullo dovrebbe limitarsi ad applicare la legge e quanto il suo assessore regionale alla sanità, autore della legge e “suo diretto superiore” ha disposto il 7 ottobre.
La legge Irccs-Piemonte infatti è non solo successiva ma anche superiore all’ordinanza sindacale. Se ne deduce che se Vullo ritiene l’ordinanza di Accorinti “censurabile” come ha scritto nella delibera sul ricorso al Tar e se intende contestarla, non può fare altrettanto con la legge regionale approvata pochi giorni dopo. A meno che non voglia disattendere una legge, disattendere le disposizioni dell’assessore alla sanità ed arrivare ad uno scontro con il vertice.
Pertanto, pur ammettendo che il dg non voglia attenersi all’ordinanza di Accorinti sostenendo che per applicarla finirebbe con l’andare in contrasto con un quanto gli hanno imposto il decreto di gennaio e quello di Gucciardi ad agosto (con il quale disponeva la trasmissione delle piante organiche entro il 30 settembre) la stessa motivazione non può addursi per la legge Irccs-Piemonte, giacchè si tratta di normativa regionale ed è la Regione che ha nominato Vullo in quel ruolo.
Certo c’è da chiedersi perché un direttore generale di un’azienda sanitaria, a fronte della volontà di un’intera città che chiede di salvare un nosocomio ed a fronte di un impegno che ha visto coinvolta la deputazione regionale e nazionale, due assessori (Borsellino e Gucciardi), un ministro, la Lorenzin, istituzioni come la Prefettura, il Comune e l’Università, tutti diretti verso lo stesso traguardo, decida di andare in senso opposto.
Fino al 7 ottobre dalla sua parte aveva la giustificazione di una legge che glielo imponeva. Dal 7 ottobre c’è una legge che gli impone di non toccare il Piemonte e di lasciarlo nella migliore funzionalità reparti e servizi compresi.
Rosaria Brancato