Il Pd dello Stretto ostaggio del passato resta ibernato fino alla fine delle amministrative

Quel che è certo è che il Pd dello Stretto deve restare in ostaggio fino alla fine delle amministrative. Mentre tutto il resto del mondo corre e il Pd si gioca le sue carte dal Veneto alla Puglia,da Genova a Caltanissetta passando per Agrigento e Barcellona, il Pd dello Stretto è stato chiuso a doppia mandata in un armadio,anzi in un congelatore,mentre i gattopardi di turno attendono che tutto cambi per non cambiare niente. E nel silenzio complice di chi teme di perdere le rendite di posizione, i genovesiani stanno tessendo la tela per riorganizzare le fila o continuare a tenerle,esattamente come stanno facendo adesso. A febbraio e marzo era sembrato che il cadavere del Pd dal lettino dell’obitorio avesse dato segnali di vita. Lo stesso segretario provinciale Ridolfo aveva proclamato: o i congressi o mi dimetto. I Gattopardi hanno fatto finta di dargli retta e poi l’hanno rimesso nel congelatore dove era rimasto per gran parte dei mesi dalla sua nomina,nell’ottobre 2013, voluta a tavolino dal trio Rinaldi-Panarello-Laccoto con la benedizione prima di Lupo e poi di Raciti. Le proteste dei renziani, anche le ultime, quelle di marzo, relative ad un commissariamento sono state ignorate dallo stesso Raciti, anche un mese fa, in piena coerenza con quanto ha fatto dall’inizio del suo mandato di segretario regionale. Insomma è perfettamente inutile che la base scalpiti o chieda congressi,tesseramenti,rinnovamento, perché l’unica cosa che interessa a questo Pd sono le sorti di Francantonio Genovese e della sua corrente. Fin quando non si conosceranno gli esiti delle urne di fine maggio non si muoverà foglia.

Frattanto il Pd regionale si muove per Barcellona e Milazzo perché sa bene che saranno una sorta di laboratorio per il futuro. Nel caso di Milazzo è interessante capire come si è schierato il Pd regionale nella diatriba tra il sindaco uscente,Carmelo Pino (appoggiato da Rinaldi e dai genovesiani) e Giovanni Formica (sostenuto da Beppe Picciolo, dal gruppo Panarello e da gruppi renziani). L’esclusione di Pino dalle primarie è finita in tribunale così che appare assai arduo utilizzare il simbolo Pd per evitare un ricorso bis. Del resto sono entrambi tesserati. Rubino ha però deciso per Formica, sfidando il fronte genovesiano. Spostandoci a Barcellona l’unità è stata raggiunta in un Pd diviso in mille rivoli e la cui frammentazione rischiava di regalare un comodo accesso al ballottaggio a Maria Teresa Collica, sostenuta dai renziani. Il simbolo è stato quindi affidato a Turrisi. Quando Giovanni Passalacqua di Tempostretto ha chiesto al segretario Raciti, venuto a Milazzo, cosa intendesse fare per il Pd di Messina, la domanda ha gettato nello scompiglio i presenti e irritato Raciti che ha rinviato tutto al dopo elezioni tra i sospiri di sollievo di Laccoto presente alla conferenza stampa.Il rinvio al dopo elezioni di Raciti è stato un deja- vu, l’aveva fatto lo scorso anno quando Ridolfo si era dimesso il 4 aprile e alla vigilia delle europee e dell’autorizzazione a procedere per Genovese da parte della Camera. Di rinvio in rinvio il Pd regionale non ha preso una sola decisione che risolvesse il caso di un Pd preso in ostaggio dalla primavera del 2013, prova questa che la “mission” è proprio questa: lasciare paralizzato il partito. In realtà l’immobilismo è solo apparente,perché l’area genovesiana sta cercando la strategia per mantenere il controllo del partito. Già il fatto che per due anni sia riuscita a non far muovere un chiodo mentre nel resto del Paese Renzi diventava premier,vinceva le Europee è la prova che la strategia adottata in riva allo Stretto funziona. Al Comune è una guerra di posizionamenti anche in vista delle future regionali e chi si muove troppo rischia di passare per traditore. Il clima è quello delle rappresaglie e delle operazioni di “spionaggio”. O sei con me o sei contro di me.. Nel frattempo Emilio Fragale, ex city manager del Comune in era Genovese ed ex presidente dell’Atm di Taormina, ha scritto diverse note in merito alla permanenza in carcere del deputato Pd.

L’ultima è un appello da inviare al Presidente della Repubblica Mattarella, al Presidente del consiglio Matteo Renzi ed al Ministro Orlando. Nell’introduzione Fragale invita i deputati e gli esponenti del Pd a firmare l’appello affinchè sia una richiesta collettiva. Senza entrare nel merito dell’istanza, che si basa ovviamente ed esclusivamente sul piano giuridico e sottolinea l’importanza della presunzione d’innocenza (e che di seguito riportiamo integralmente) l’invito a firmare l’appello sembra un modo per rendere “visibile” l’area genovesiana e fare uscire allo scoperto quanti finora hanno preferito non farlo. Insomma,provare a contare l’effettiva consistenza e presenza, provare a “contarsi” per poi pesare.

E’ del tutto evidente che si continua a voler legare la sorte del Pd di Messina a quella del leader che lo ha “creato”, tenendo in sostanza “appeso” a un filo, con la complicità di tutti, il destino di un intero partito. Al di là della comprensibile posizione di Fragale in questo momento ci sono ben altre lettere e appelli che si potrebbero e dovrebbero scrivere, se non a Mattarella quantomeno a Raciti,per riscattare il Pd ancora in ostaggio da 2 anni, ingabbiato in una palude di veti e strumentalizzazioni. Non si può pensare che la scarcerazione di Genovese comporti la risoluzione del Pd di Messina a meno che la logica non sia quella di far coincidere le due cose,con l’avallo sia dei vertici rgionali sia di quanti temono di essere travolti dall’eventuale nuovo che verrà.

Se a Milazzo vincerà Formica sarà una vittoria targata Picciolo e questo Raciti (che era a Milazzo fianco a fianco e ha condiviso l’assegnazione del simbolo) lo sa bene.

Ma sono discorsi da mettere nel congelatore perché la “scarcerazione” del Pd di Messina sarà decisa a tavolino a Palermo, da Rinaldi, Panarello,Laccoto e Raciti. Con buona pace di renziani, civatiani, area riformista, Labdem.

Rosaria Brancato

DI SEGUITO L’APPELLO DI EMILIO FRAGALE

Care e cari tutti,

Francantonio Genovese e' ancora in carcere. A me francamente sembra eccessivo.Credo sia venuto il momento di dire … "ma … basta". Ora bisogna solo aspettare il verdetto del processo già iniziato.Gli arresti in carcere, per assunte perduranti esigenze cautelari, appaiono una forzatura che non può non essere opinata. Ho predisposto una nota da inviare a Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro della Giustizia. Vi sottopongo il testo per chi volesse sottoscriverla. Vi prego, per chi la condividesse, di inoltrare ai contatti. La invierò tra una settimana.

‎Ma … basta!

L'on. Francantonio Genovese, ex sindaco della citta' di Messina, e' ancora in carcere.

Il parlamentare e' recluso nella Casa Circondariale di Gazzi dal 15 gennaio u.s., non per scontare una pena detentiva, ma in applicazione di una misura cautelare. Le indagini nel procedimento in cui e' l'esponente politico e' coinvolto si sono chiuse … anzi e' – persino – pendente il processo in fase dibattimentale. Un processo diviso in due tronconi. Pertanto, secondo Procura e Tribunale della Libertà, si teme ancora ‎ (esclusa l'astratta possibilita' di un pericolo di fuga) per l'inquinamento delle prove o la reiterazione del reato.Inquinamento delle prove e/o reiterazione del reato dopo anni e anni di indagini, arresti, servizi televisivi su scala nazionale, titoli a nove colonne su testate giornalistiche non solo locali, commissioni parlamentari, voto alla Camera per l'autorizzazione alla applicazione delle misure, giudizi incardinati!? Sembra plausibile? Sembra verosimile? In questo tempo si sono registrati, peraltro, i domiciliari prolungati della moglie, successivamente – prima di quest'ultimo arresto – i domiciliari per un semestre dello stesso on. Francantonio Genovese (dopo essersi consegnato in carcere a seguito del voto palese a Montecitorio … in "occasione" delle elezioni europee). Non si sottace che – beffardamente – pochi giorni prima della emissione della sentenza della Corte di Cassazione emessa a gennaio 2015, con cui si e' statuita la bonta' della proposizione del gravame proposto dai P.M. avverso la pronunzia del G.I.P. emessa a luglio 2014 (che si era espresso per la sufficienza della carcerazione domiciliare), un altro Giudice … aveva disposto un affivolimento ulteriore della misura dispondendosi la possibilita' per il deputato di avere contatti esterni anche con persone estranee al nucleo familiare. In questi mesi si sono succedute diverse istanze introitate dai difensori intese ad ottenerne la scarcerazione (o comunque a una attenuazione della misura) vanificate da un rigore che appare sempre più ingiustificato.

Persino, l'ultima domanda, inoltrata dopo la emanazione della legge del 16 aprile 2015 n. 47, con cui si e' ammantato il presupposto della misura cautelare con una connotazione non solo di "attualita'" ma anche di "concretezza"‎, e' stata rigettata dal Tribunale del Riesame.

Ma secondo buon senso e a rigore di logica si ritiene davvero "concreto" il pericolo di reiterazione del reato? Che attualità ha il c.d. Giudicato cautelare che ha fotografo una situazione risalente a giugno/luglio 2014? Il quadro succintamente descritto merita la Vs. attenzione perche' – al netto di ogni determinazione consequenziale all'esito del giudizio – oggi appare impropria e spropositata la restrizione in carcere dell'on. Genovese.

Nel richiedere l'attenzione al caso, si sottolinea che a prescindere dalla fattispecie specifica, sgomenta il paradigma sottostante che finisce per declinarsi in una sfiducia di fatto sull'impianto costituzionale della innocenza sino a prova contraria e in uno svilimento della centralità del processo con i suoi riti e ritmi, con i suoi andamenti e con i suoi esiti … a tutto favore di un impianto accusatorio che – a prescindere – dai verdetti finali … comunque "incassa" il proprio risultato.

Ci troviamo innanzi a una sorta di anticipazione della pena (pena a seguito di condanna – per definizione – non scontata) non tollerabile proprio per ragioni di "giustizia". Cio' a cui si assiste increduli, perplessi, preoccupati e' un deficit di serenità che si traduce in un sostanzialismo nella affermazione delle baricentriche ragioni di c.d. difesa sociale nel sacrificio (se non nel dispregio) de‎lla liberta' personale. Probabilmente, uno sguardo ispettivo sulla correttezza dell'operato a queste latitudini e a Palazzo Piacentini ‎affrancherebbe la vicenda dal retropensiero di un atteggiamento inteso ad assecondorare istinti di piazza e acritici rigurgiti sensazionalisti, populisti e giustizialisti.

Emilio Fragale