Andando a spulciare i dati validati del passato, dalla rete Sias (Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano), scopriamo che la stazione di Riposto, molto vicina all’area colpita ieri, negli ultimi 30 anni ha visto ben 3 eventi di precipitazione estrema > 100 mm nelle 6 ore e 2 eventi > 100 mm nelle 3 ore, quasi tutti concentrati fra ottobre e novembre.
Come massimi accumuli nelle 12 ore colpiscono i 173,6 mm del 3 ottobre 2014 e i 150,6 mm del 21 ottobre 2015. Ma in totale gli accumuli sopra i 100 mm nelle 12 ore sono stati 9 in circa 30 anni di dati.
Gli ultra 100 mm nelle 24 ore nemmeno si contano. Segno di come l’area sia storicamente soggetta ad eventi alluvionali lampo, in presenza di venti orientali che spingono le particelle d’aria umida, sollevate al contatto con le pendici dell’Etna, oltre lo strato di aria molto instabile, di libera convezione (da qui nasce il temporale ai piedi del vulcano).
Il problema è che in nessuno di questi episodi certificati si è mai superata la soglia dei 500 mm in 6 ore (valore da validare). Anzi il massimo accumulo in 24 ore della stazione di Riposto risale al 3 ottobre 2014, con i 222,8 mm validati dal Sias.
Stavolta abbiamo quasi triplicato quel dato in un arco temporale più ristretto. Non ci vuole una laurea in fisica dell’atmosfera o in climatologia per capire che l’evento di ieri è da considerarsi estremo, pur considerando l’area avvezza ad eventi alluvionali.
A parlare sono i numeri. E questi già ci indicano chiaramente che questi eventi precipitativi estremi stanno aumentando non solo di frequenza ma anche di intensità, spingendosi al di là dei tipici standard climatologici che conoscevamo.