sanità

Giornata mondiale del malato. I dati in Italia, in Sicilia e a Messina

Si è riunita oggi nell’Aula Consiliare del Comune di Messina la VII Commissione, presieduta dal consigliere comunale Placido Bramanti. Tema dell’appuntamento la celebrazione della “Giornata Mondiale del Malato” e il relativo contributo delle associazioni a Messina. Hanno preso parte, infatti, all’incontro i rappresentanti di Croce Rossa e Unitalsi e il direttore della Caritas Diocesana, don Antonino Basile.

I dati nazionali

Bramanti ha ricordato che è “determinante il ruolo degli operatori sanitari chiamati ad essere samaritani, prendersi cura del prossimo più fragile. In Italia sono circa 2 milioni e 300 mila le famiglie nelle quali vive almeno una persona con limitazioni gravi. Per assistere un familiare malato, il 32,4 % delle famiglie riceve sostegno da reti informali. Si tratta di una percentuale quasi doppia rispetto al totale delle famiglie (16,8 %). Le famiglie, che assistono un malato, un anziano o un disabile, fanno fatica a conciliare la carriera lavorativa e l’attività di cura: solo il 24,5 % ha almeno un componente della famiglia in una posizione apicale o intermedia nella propria attività lavorativa (nel resto delle famiglie è il 30%). Le condizioni economiche complessive sono peggiori rispetto a quelle del resto delle famiglie: il loro reddito medio annuo equivalente medio è di 17.476 euro inferiore del 7,8% a quello nazionale”.

In Sicilia

“La Sicilia – prosegue Bramanti – è la regione italiana con il maggior numero di disabili gravissimi, sono esattamente 10.753. Numeri che, se confrontati con le altre regioni, appaiono di gran lunga superiori. In Puglia, ad esempio, sono 5 mila, in Veneto 6 mila, in Campania circa 1.600, nel Lazio 3 mila e in Lombardia 6.500. Dal rapporto tra disabili gravissimi e l’intera popolazione di residenti, esce questo quadro: in Sicilia l’incidenza è dello 0,21%, in Lombardia dello 0,06%, nel Lazio dello 0,05% e in Campania dello 0,02%”.

A Messina

“A Messina sono circa 1000 i disabili presenti; dato che, anche se fortemente indicativo, non appare esaustivo di una realtà estremamente difficile e ben delineata in maniera definita. Il numero indicato infatti tiene conto delle persone che, in varia maniera, ricevono assistenza dalle varie strutture a questo predisposte, siano esse pubbliche o private. Sono essenzialmente tre i canali attraverso i quali in città si concretizza l’assistenza: il Comune, che opera sia attraverso il braccio operativo dell’istituzione dei servizi sociali che attraverso le cooperative; il privato sociale, che si muove tramite le cooperative sociali e le varie organizzazioni inquadrabili nel «III settore» e l’associazionismo volontario, quell’universo fatto di associazioni e gruppi organizzati che decidono di dedicare parte del loro tempo ai più sfortunati. La quasi totalità ha riscontrato difficoltà durante l’emergenza sanitaria (89,3 %); in particolare, 8 cittadini su 10 hanno incontrato ostacoli nel prenotare visite ed esami di controllo; di essi più di 1 su 2 (55,26 %) ha dichiarato di essere ricorso al privato a causa delle difficoltà legate all’accesso alle strutture pubbliche. Inoltre, oltre 1 cittadino su 3 ha segnalato difficoltà con l’assistenza domiciliare legata alla continuità terapeutica (37,3 %) o all’assistenza specialistica (31 %). Di particolare rilievo poi le difficoltà di tipo sociale legate alla gestione familiare: il 51,5 % ha avuto difficoltà a recarsi presso strutture ospedaliere per paura del contagio proprio e dei propri familiari; il 23,16 % disorientamento causato dall’informazione poco chiara; il 21,5 % difficoltà nella riprogrammazione di prestazioni da svolgere presso strutture ospedaliere, per esempio terapie infusionali; il 16,32 % ostacoli legati alla mancanza di tutela come lavoratore fragile; il 15,26 % difficoltà a gestire il dolore; il 14,74 % mancanza di sostegno psicologico; l’8,95 % difficoltà nella didattica a distanza in caso di paziente minore. Infine, i cittadini facenti parte delle associazioni intervistate, in caso di dubbi o richieste di chiarimenti base relativi all’assistenza durante il periodo del confinamento, si sono rivolti innanzitutto ai dottori di medicina generale e ai pediatri di libera scelta (53,16 % di persone si sono indirizzati a loro), seguiti dagli specialisti (37,37 %) e dalle associazioni di pazienti di riferimento (31,58 %), mentre uno su quattro (25,79 %) si è rivolto a familiari o amici”.