Sono giorni di particolare fermento politico, a Palazzo Zanca. E non solo. La sensazione è che da qui a qualche settimana il quadro attuale di riferimento possa essere ribaltata. A causa di una decisione di Buzzanca o, più probabilmente, di quella della Cassazione, che il 6 dicembre sarà chiamata a pronunciarsi sul ricorso di Giuseppe Rodi (sì, proprio lui, “l’incubo” di Buzzanca). Il rischio che la fascia tricolore venga tolta al sindaco non è più remota. Ed allora, mentre la crisi interna alla maggioranza si è ormai manifestata in tutta la sua gravità, ecco che l’opposizione trova terreno fertile nel mettere Buzzanca spalle al muro. L’ordine del giorno presentato oggi in conferenza stampa da Pd, Fli, Mpa e Risorgimento Messinese è molto stringato: «Il consiglio comunale, attesa la dichiarata incompatibilità tra l’ufficio di deputato e quella di sindaco della città di Messina, visto che gli altri amministratori interessati in Sicilia hanno rimosso la condizione di incompatibilità, considerato che oggi il doppio incarico configura una condizione di illegittimità ed è, come ripetutamente affermato dalla Corte Costituzionale, contrario al buon andamento e all’efficienza della pubblica amministrazione, invita il sindaco Buzzanca a prendere conseguentemente atto di quanto previsto dall’ordinamento». E quindi a scegliere: sindaco o deputato. Senza più indugi, come poi rimarcato anche da Tanino Caliò del Pid durante la successiva seduta di Consiglio.
Per Nino Carreri (Risorgimento) «Buzzanca ha la sindrome di Calimero, può stare tranquillo, nessuno ce l’ha con lui. Non ci interessa imporgli una scelta, deve essere semplicemente rispettoso delle leggi. Comprendiamo che sia nervoso, i sogni sono pian piano svaniti». Felice Calabrò (Pd) lo dice chiaro è tondo: «Prima se ne va e meglio è. Non potrà mai dire di essere stato costretto, vedo molte analogie tra il caso Buzzanca e la vicenda del premier: decidere di non decidere. Vuol fare scegliere ad altri. Personalmente avrei presentato una mozione di sfiducia per far scegliere al civico consesso, ma la gente non avrebbe capito». Secondo Nello Pergolizzi (Fli) «l’aspetto giuridico è molto chiaro. Farò una richiesta per la convocazione di un consiglio straordinario a cui dovrà partecipare il sindaco. La verità è che Buzzanca vuole essere dichiarato decaduto e questo perché il sindaco per essere eletto deputato nazionale non può ricoprire la carica di sindaco e dovrebbe dimettersi entro sei mesi dalle elezioni. In sostanza mette davanti l’interesse personale». Ecco perché, aggiunge Pippo Trischitta (Fli), «è un cattivo esempio per i giovani». Più moderata la posizione di Sebastiano Tamà (Mpa): «Il nostro partito ha votato il bilancio, ma adesso chiedo di optare e chiedo che lo si faccia per la città. Questo non deve essere un muro del pianto, chiedo che Buzzanca sia protagonista da sindaco e in positivo».
E l’Udc? Dopo le “bombe” dei giorni scorsi, stamattina ha recitato la parte del “convitato di pietra”. «Dell’Udc me ne frego – il Calabrò pensiero – non sto a rincorrerli. Mancano sempre nei momenti importanti. A Palermo sostengono Lombardo, qui attaccano Buzzanca ma al tempo stesso al momento non intervengono». Per Pergolizzi «sarebbe stato opportuno che l’Udc prendesse posizione», anche se in realtà sul doppio incarico, a nostro avviso, la posizione dei centristi è apparsa chiarissima. Il punto è: che succederà? L’interpretazione data oggi è semplice: da oggi, giorno del deposito della sentenza della Corte, Buzzanca avrebbe dieci giorni. In assenza di opzione, il rischio che il 6 dicembre la Cassazione lo obblighi a lasciare la carica di sindaco sarebbe più concreto e per qualcuno è già certezza. Non resta che aspettare.
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