Palermo vuole vederci chiaro sulla A20. E per chiaro si intende chiarissimo. Ieri, giovedì 11 ottobre, il Nucleo Investigativo dei Carabinieri del capoluogo siciliano si è presentato di buon mattino al Cas e ne è uscito soltanto a tarda sera, portandosi via una quantità impressionante di atti, tutti in originale. Non è escluso un nuovo blitz degli investigatori per il sequestro di atti. Una indagine a 360 gradi, quindi, sull’autostrada Messina-Palermo, che arriverebbe persino allo stesso progetto di costruzione dell’autostrada.
Ma sotto i fari ci sarebbero in particolare i collaudi dei viadotti di tutta la A20, da Boccetta a Buonfornello. L’ispezione parte dalle carte, dagli incartamenti che riguarda la delicata fase dei collaudi delle opere. E si muove parallelamente al vaglio che la Regione ha voluto sulla stabilità di ponti, viadotti e sottopassi, avviata ad agosto scorso dall’Assessore alle Infrastrutture Mario Falcone e dall’Anas, che evidentemente ha ravvisato qualche criticità meritevole di andare al vaglio degli investigatori.
Una necessità, quella del monitoraggio anti crollo, che si è fatta irrimandabile dopo i fatti di Genova e l’accelerata sul progetto di “fuga” della Regione dal Consorzio Autostrade, in vista della così detta fusione con Anas.
Il primo dubbio da fugare riguarda la regolarità degli incartamenti più vecchi nel tempo e la possibilità che di alcune opere la fase pre consegna sia venuta meno del tutto.
Come dimenticare la tanto contestata inaugurazione dell’ultimo tratto della Messina-Palermo, all’epoca del Governo Berlusconi.
Le prime perplessità sulla "inaugurazione farlocca" vennero all’allora procuratore capo di Mistretta Luigi Patronaggio, che ipotizzava una accelerata nel collaudo a tutto scapito della sicurezza degli automobilisti. A Patronaggio i dubbi sono rimasti. A salvare i sospettati ci ha pensato la prescrizione. E anche nel caso di questa nuova indagine su tutte le opere più importanti della A20, a pesare sul profilo penale potrebbe proprio essere la datazione dei collaudi. Di là dei risvolti penali, però, l’inchiesta servirà a fornire una indicazione importante sullo stato effettivo della sicurezza dell'autostrada.
Ad agosto scorso i sindaci delle tre città metropolitane hanno incontrato il Governatore Musumeci, a più riprese i rappresentanti degli enti locali e le organizzazioni sindacali hanno invocato un monitoraggio dell’autostrada e l’avvio di interventi concreti per la messa in sicurezza su tutta la rete autostradale siciliana. Il dossier venuto fuori dal primo screening, infatti, ha destato parecchie preoccupazioni.
Sulla A18 sono state più volte segnalate cadute di calcinacci dal viadotto 15. E qualche settimana fa proprio per l’allarme stabilità dopo i primi campionamenti effettuati è stato chiuso parzialmente al traffico il viadotto Santa Margherita.
A Messina preoccupano il Tarantonio e il viadotto Ritiro, in provincia il viadotto Pistavecchia, nei pressi di di Buonfornello, i viadotti Montagnareale, Torrefortunato e Mongiove nel Comune di Patti, i cavalcavia 5, 12 e 13 nel barcellonese. Gli ultimi lavori ad ampio raggio affidati dal Cas in tema di viadotti risalgono al 2016 e hanno riguardato 7 viadotti su 15, dove sono stati in particolare risistemati i giunti di dilatazione.
Tempo fa Ritiro è stato campionato dall’istituto di ricerca e sperimentazione Sidercem di Caltanissetta su richiesta della Tecnolavori spa di Palermo. Proprio a Ritiro, l’ex direttore Leonardo Santoro, poco prima delle dimissioni improvvise accompagnate da frecciatine sui fondi "insabbiati" alla Regione, aveva concluso buona parte degli accordi con i residenti delle zone sotto il viadotto per la loro delocalizzazione.