Non fu un omicidio volontario e non c'è l'aggravante dei futili motivi. Così i giudici della Corte d'assise d'appello hanno stabilito, nella sentenza per l'omicidio di Salvatore La Fauci, accoltellato a luglio del 2015 di fronte al ritrovo Angelo di Provinciale. La derubricazione dell'accusa è valsa all'imputato, il trentenne Roberto Mangano, un notevole sconto di pena, 14 anni e 2 mesi contro i 30 stabiliti in primo grado.
L'accusa, rappresentata dal Pg Enza Napoli, aveva chiesto la conferma della condanna, ma la Corte ha evidentemente accolto le ragioni del difensore, l'avvocato Antonello Scordo.
Mangano ha colpito il manovale cinquantacinquenne un caldo pomeriggio d'estate, al culmine di una banale lite scaturita nel traffico della zona sud. Una manovra azzardata del giovane con la sua city car, la reazione dell'operaio, la risposta del ragazzo, che racconta di aver estratto il coltellino dopo aver incassato due ceffoni. Quando ha visto l'uomo sanguinare, è scappato liberandosi del coltellino, con l'aiuto di un familiare.
Le indagini della Polizia sono scattate immediatamente e quando il giovane si è consegnato gli agenti lo avevano già individuato. Ha raccontato di aver agito d'istinto ma di non aver immaginato che un'arma così piccola potesse procurare una ferita tanto profonda.
La Fauci, con l'addome lacerato, ha perso moltissimo sangue e la corsa al vicino Policlinico non è bastata: è morto qualche ora dopo, lasciando la moglie e due figlie. Alessandra Serio