C’è un mondo fatto di corse automobilistiche virtuali che ormai sono talmente “reali” da richiamare sulle piste anche i piloti veri. Da Leclerc a Grosjean, passando per team come Ferrari e McLaren, in tanti approcciano la “Simracing“, la guida simulata fatta di campionati sempre più strutturati e seri, che coinvolgono appassionati in ogni parte del mondo. E Messina non è da meno, perché da Milazzo è partita l’avventura della Renegade simracing, fondata da Giuseppe Galofero e che ad oggi conta 40 piloti in ogni parte d’Europa.
“Renegade simracing nasce nel 2019 – racconta proprio Giuseppe Galofero . Doveva essere un luogo in cui tutti gli appassionati di simracing si riunissero per parlarne, una sorta di piazzetta virtuale. Il nome infatti conteneva anche la definizione ‘world group’, perché voleva essere un punto di raccolta. Il simracing esiste da decenni, già da metà anni ’90. I piloti si riunivano in gruppetti e formavano in maniera naturale delle squadre, per poi affrontare i campionati organizzati dai vari portali internet. Tutto l’aspetto dal ’94 al 2020 era molto dilettantistico, amatoriale, con alla base il solo divertimento. A cambiare tutto è stata la pandemia”.
“In realtà – prosegue Galofero – già prima del 2019 vari team sono nati, cresciuti e diventati associazioni sportive, creando un circuito di tesseramenti e cambiando l’approccio, passando a una realtà più strutturata e professionale. Ovviamente un conto è giocare da solo, un altro è avere dei doveri nei confronti di un team, con orari specifici. Questi gruppi prima erano molto chiusi, con tutti i segreti dei setting delle auto tenuti nascosti. Io cercavo di riunire invece i piloti, proprio utilizzando il world group. Noi poi ci siamo evoluti nel 2019, ma nel 2020 è scoppiata la pandemia. Questo ha portato anche i piloti reali a correre nel virtuale: ho conosciuto Leclerc, Giovanizzi, Grosjean, siamo in contatto col team di Jean Alesi, con Ferrari”.
Galofero prosegue in un racconto appassionato e lungo, per spiegare quanto “serio” sia diventato il mondo del simracing: “Quando sono arrivati i piloti veri sono arrivate anche le scuderie: Ferrari, Aston Marti, Mclaren. E con loro sono arrivate le grandi aziende di produzione. Così c’è stata un’esplosione di campionati, sempre più professionali. Pensa che anche l’Aci ha messo il simracing tra le competizioni che gestisce. Ci sono giudici, direttori sportivi, perfino tribunali: se ci sono contestazioni o se hai atteggiamenti scorretti, rischi di incorrere in cause civili. Non è più un divertimento virtuale, ma è diventato reale. C’è chi ha sognato di fare il pilota e ora trova questo aspetto appagante: magari non avevi i soldi per fare il pilota reale, ma ora sei forte nel virtuale e riesci a trovare il tuo team. Un esempio è la 24 ore di Le Mans, che si corre anche in virtuale su invito degli organizzatori”.
“Oggi – prosegue – Renegade si è evoluta e vogliamo crescere ancora. Prima ero io a gestire tutto, da proprietario e organizzatore, ma ora abbiamo creato un consiglio d’amministrazione e giustamente anche io mi devo consultare con gli altri. Abbiamo portato Renegade sui simulatori più importanti al mondo e in ognuno di loro abbiamo una sorta di caposquadra, che si occupa di quel preciso aspetto. E il discorso è talmente esploso che si sono creati dei sotto-mercati: c’è chi fa pagare le iscrizioni per i campionati, che una volta erano gratuiti. Le gare sono trasmesse online, su Youtube o su Twitch, e anche lì si riesce a guadagnare. Si è evoluto il discorso delle skin, delle grafiche e delle livree. All’inizio erano soltanto colorate, ora trovi gli sponsor: non c’è alcuna differenza”.
“Molte dirette vanno anche su Sky, sono quelle di Aci, che sta organizzando campionati di Turismo e di Formula 4. Questo per far capire quanto dal virtuale si sia arrivati al reale. Noi stiamo facendo campionati anche in Germania e in Inghilterra: tanti organizzano campionati ma pochi possono avere un livello di serietà così alto, in quanto soprattutto a direzione gara. Non siamo professionisti pagati e dipende dal tempo libero, ma c’è un livello di serietà altissimo”.
La storia di Giuseppe Galofero parte da lontano, come quella di tanti ragazzi che hanno iniziato con i videogiochi: “Io ho iniziato a giocare al videogame Gran Prix 2, gioco di Formula Uno per pc. Si giocava in locale, non era online. Giocavo con i primi volanti e le prime pedaliere, un mercato che adesso è sviluppatissimo, con prodotti di alto livello e anche molto costosi. Si tratta di un mercato talmente vasto e importante che anche privati si sono messi a costruire e migliorare volanti, cambi e tutti gli accessori che ruotano intorno a questa attività. Io ho cominciato nel 2004 sul simulatore ‘rFactor 1’ e il sito che organizzava era ‘The Burning Tire’. Ho continuato fino al 2012 e poi ho lasciato per un po’, non correndo ma organizzando o aiutando a organizzare campionati. Facevo montaggi video post gara, fatti come servizi di highlights. E ai tempi non c’erano sponsor, non giravano soldi e nemmeno ci pensavamo a quanto si potesse guadagnare con queste cose”.
“Ho ripreso poi nel 2019. Prima ero entrato in un team in cui non mi sono trovato bene. C’era questa chiusura che non permetteva di fare nulla, una serietà anche esagerata, con pochissimo divertimento. Lì ho capito di dover puntare su Renegade, perché ci si poteva confrontare liberamente, senza pensare a segreti e spionaggio. Adesso il nostro team è cresciuto ma restiamo sereni. Siamo circa una quarantina. Qui ci sono io, da Milazzo, insieme ad altri due ragazzi milazzesi. Poi c’è un altro da Catania, alcuni dal resto d’Italia. Ce ne sono poi dalle Canarie, dall’Inghilterra. Siamo tanti. Io guido adesso molto meno proprio per gestire gli aspetti organizzativi ma spero che Renegade possa diventare un’associazione sportiva dilettantistica e crescere ancora. Il loro impegno è altissimo e se lo meritano”.
Il sogno di Giuseppe è chiaro: diventare un’associazione sportiva dilettantistica. Ma i problemi sono tanti: “Ci sono tantissime spese, soprattutto le iscrizioni ai campionati. Parte dei piloti copre i costi e non tutto è a carico del team, ma il sogno è che si riesca a coprire tutto con gli sponsor, trovando aziende che ci sostengano. Cerchiamo proprio questo: qualcuno che ci aiuti e sostenga, perché diventare un’associazione sportiva sarebbe davvero l’ennesimo passo in avanti. Avere un partner importanti ci permetterebbe di puntare anche ai piloti più giovani, che hanno qualità e più tempo. E servono anche coach e telemetria, come per le macchine reali, perché il livello si è assottigliato molto. Vogliamo cambiare l’approccio mentale e fisico, alzare ancora il livello”.