MESSINA – Giuseppe Lo Presti ha 20 anni. Nel cuore di un quartiere considerato “difficile”, cioè Giostra, lui ha creato e accudisce ogni giorno una realtà in grado di dare rifugio, sostegno e una famiglia a tanti ragazzi che ogni giorno, se no, sarebbero soli, in strada. Parliamo dell’Orchestra Filarmonica di Giostra, composta da 35 ragazzi e che soltanto tre giorni fa, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è stata scelta dalla Prefettura per accompagnare l’evento “Tutta un’altra musica”. Il Prefetto Cosima Di Stani li ha definiti “un baluardo di legalità”, simbolo di chi sceglie la via del “bene” invece di incappare in altre strade. Hanno suonato di fronte a una platea di decine di ragazzi come loro e non si sono scomposti, lasciando trasparire tutta la loro passione, diretti proprio da Giuseppe Lo Presti.
La mia passione per la musica nasce dalla seconda media, quando alcuni compagni suonavano la batteria e allora io ho voluto provare e iniziare. In terza media, però, è arrivato a scuola un pianoforte: lì mi sono appassionato ancora di più e l’ho studiato anche fuori, in oratorio. Da lì ho scelto il Liceo Ainis con l’indirizzo musicale, ma sono entrato come percussionista. Ero più portato dopo gli anni delle medie e dovendo fare un esame di ammissione ho preferito le percussioni. Ho provato poi a cambiare, perché il pianoforte mi chiamava a sé, ma non è stato mai possibile perché mancavano i posti. In terzo superiore, poi, ho deciso di creare un piccolo gruppo di musica da camera. Eravamo 5, ci chiamavamo Orchestrina Estiva perché ci vedevamo solo d’estate e facevamo qualche prova. Arrangiavo e componevo io i pezzi, ma poi a inizio a 2020 è arrivato il blocco a causa della pandemia e del lockdown.
Praticamente io ho fatto il rappresentante d’istituto e per questo ho stretto molte amicizie. A scuola ero molto socievole e con tanti ragazzi ho stretto un buon rapporto, compresi quelli delle classi musicali. Nel 2019 ho iniziato a parlarne e pian piano sono riuscito a coinvolgere ben 16 tra ragazzi e ragazze. Poi, dopo il lockdown, abbiamo ripreso il progetto e abbiamo iniziato a provare per diversi mesi. Dopo tanto lavoro è arrivato il primo concerto. È stato il 2 luglio all’oratorio di San Matteo, è stato emozionante e molto bello. C’era tantissima gente. E poi, dopo quel debutto, non ci siamo più fermati. Anzi, siamo cresciuti, perché ci hanno visti tanti ragazzi e ci hanno chiesto di poter partecipare. La novità ha fatto sì che in tanti si avvicinassero. Il nostro obiettivo era proprio questo: dare opportunità ai ragazzi, soprattutto dell’oratorio o dalla strada, di entrare a far parte della nostra famiglia. Coltivare la loro passione per la musica accompagnati da chi, magari, la studia ogni giorno. Si va dai 14 anni fino ai 20, siamo un gruppo molto vario.
Io all’inizio, ai tempi dell’orchestrina, ho iniziato a dirigere e poi, quando ho visto che la realtà stava crescendo, ho sentito il bisogno di studiare direzione. L’ho fatto grazie al mio professore Nazzareno De Benedetto, che per me è stato un maestro in tal senso ed era già stato un mio insegnante all’Ainis. Dopo percussioni e pianoforte, ho iniziato quindi a studiare anche direzione ma non mi sono fermato. Sono entrato al Conservatorio Corelli facendo gli esami di ammissione come violinista. Il violino è stato il mio secondo strumento a scuola dal terzo superiore in poi e quindi due anni fa ho voluto intraprendere anche questa strada.
È stata una grande emozione, un’emozione unica. Ci ha permesso di crescere a livello umano oltre che professionale. È stato un momento che abbiamo sentito nostro. In occasione del concerto, inoltre, è morto mio nonno Rocco e per me è stato un momento particolare. L’ho voluto dedicare a lui ma anche a tutte le donne che ogni giorno lottano contro la violenza, visto che si parlava proprio della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Ci tenevamo molto a esserci, tutti noi. In orchestra abbiamo un motto “Una sola orchestra, una sola famiglia”. Perché noi non puntiamo soltanto a crescere professionalmente ma anche ad essere una famiglia, a crescere umanamente tutti insieme. Vogliamo diventare un’orchestra diversa dalle altre, vogliamo accogliere i ragazzi che hanno bisogno di essere accompagnati in questo viaggio musicale e li vogliamo portare lontani dalla strada.
Tutto è nato perché io stesso vengo dalla strada. Sono cresciuto in giro, ho fatto amicizia con tanti di questi ragazzi che avevano bisogno. Gli insegnamenti dei miei genitori li ho portati con me, questo e il mio passato mi permettono di reclutare più gente possibile. Altri magari si rivolgerebbero solo a chi studia musica per fare un’orchestra “vera”. A me non importa, io voglio aiutare, questa è la nostra missione. Loro imparano con noi la musica, i gesti, la tecnica. Ora creeremo l’associazione dell’orchestra filarmonica di Giostra e faremo formazione per i più piccoli, andremo a vedere concerti: vogliamo creare opportunità dove solitamente non ce ne sono. E vogliamo crescere ancora. Li voglio portare lontano, questi ragazzi. Molti mi dicono di fare piccoli passi alla volta e di restare umile. Ovviamente lo faccio, ma bisogna anche capire che i ragazzi hanno bisogno di sentirsi amati, apprezzati. Serve chi parla di loro e l’orchestra va sostenuta. Voglio farli crescere, arrivare in alto, magari riuscire a portare alcuni di questi ragazzi nei teatri d’Italia e a farsi dirigere da direttori d’orchestra importanti.
Io quando ero piccolo sapevo di essere diverso. Ai più piccoli dico questo: se vi sentite diversi, se siete in situazioni poco positive, dove c’è il “male”, scappate e cercate il “buono”. Io l’ho trovato nella musica, in un momento in cui magari frequentavo compagnie non bellissime. Quando ho capito che c’erano cose che non mi piacevano sono andato via. Perché rimanere? Ci sono realtà che possono accogliere, che danno possibilità di crescere. Ci sono realtà che possono diventare per voi una famiglia. Per noi è stato così e dobbiamo ringraziare anche l’oratorio di San Matteo e i salesiani, che ci sostengono continuamente, ogni giorno. E poi voglio lanciare un appello alle autorità, riprendendo le parole del sindaco Cateno De Luca di giovedì scorso: queste realtà hanno bisogno di un palcoscenico. A volte c’è troppa sfiducia nelle novità, ma anche noi nel nostro piccolo stiamo creando qualcosa di bello e siamo arrivati al cuore delle persone: noi, come tanti altri, meritiamo spazio.