CAPO D’ORLANDO – Sono stati due giorni intensi di riflessioni e dibattiti a tratti anche molto animati, quelli di sabato e domenica scorsi tra Villa Piccolo e il cine teatro Rosso di San Secondo. Sul tavolo, “Le emergenze del sistema penale”, su cui l’Ordine degli Avvocati e la Camera Penale di Patti, col patrocinio dell’Unione nazionale delle camere penali, ha chiamato a relazionare avvocati, politici, giuristi, magistrati.
Tutti nomi di rilievo nazionale, come di consueto per questo appuntamento diventato ormai fisso e arrivato alla ottava edizione. E tutti portatori di spunti di riflessione di diverse ispirazioni, per questo spesso il dialogo si è fatto animato a testimoniare, nell’anno della riforma Cartabia, quanto sia caldo il tema giustizia. Se un segnale di univocità è arrivato, da questo convengo, è quello, quindi, che le riforme del settore devono essere condivise, se si vogliono “pacificare” gli animi su un tema tanto delicato.
Al centro degli interventi, le misure annunciate dal Governo, le prime applicazioni della Cartabia e le correzioni richieste da più parti, i temi della prescrizione, delle misure di prevenzione, delle intercettazioni, la “stretta” progressiva alla pubblicità dei provvedimenti nel tentativo di contenere quello che a quasi la totalità degli attori pare una deriva, l’eccessiva mediaticità e spettacolarizzazione della giustizia.
Proprio su intercettazioni, abuso della custodia cautelare e intercettazioni il ministro Nordio ha annunciato un pacchetto di misure pronto già a fine mese “Sono i nostri temi da sempre e questo è già un bel segnale – ha detto Gian Domenico Caizza, presidente dell’Unione – aspettiamo di vederli e giudicarli. Per quel che riguarda la riforma, il ministro Cartabia ha avuto la forza di riaffermare principi di civiltà giuridica con la stessa maggioranza parlamentare del predecessore, ora siamo in una condizione in cui il ministro esprime un’idea liberale della giustizia che da parte nostra speriamo gliela facciano
concretamente attuare”.
“Già la prossima settimana saranno in discussione le proposte di abolizione dei reati di abuso d’ufficio e traffico di influenze” – ha annunciato l’onorevole Tommaso Calderone (FI), che ha ribadito la linea della maggioranza nel voler introdurre misure più severe per chi viola le norme che mirano a tutelare la privacy degli indagati.
“In un paese come il nostro di fazioni contrapposte, in cui ciascuno tende ad essere giustizialista con gli avversari ed innocentista con i propri amici, il vero tema è che chi sbaglia dovrebbe pagare, e ciò deve valere per tutti, magistrati e giornalisti compresi”, ha detto il professore Oliviero Mazza dell’Università Milano Bicocca.
“Non è creando nuove fattispecie incriminative che si risolvono le distorsioni attuali, come quello del processo mediatico o la condizionabilità del giudice – ha “risposto” Maria Teresa Collica, docente all”Università di Messina – anzi forse si peggiora la situazione. Più utile sarebbe invece “far uscire” i reati bagatellari per concentrarsi su quelli più emergenziali. Aumentare le sanzioni nei confronti dei giornalisti non è la soluzione, anche perché va contro tutti i principi e le recenti sentenze dell’Unione Europea. Infine, credo che pur abolendo l’abuso d’ufficio tornerebbero in auge altre fattispecie di reato, magari più restrittive, oggi non applicate largamente proprio perché opera l’abuso d’ufficio. La verità è che le misure introdotte in questi anni a volte dicono troppo, a volte troppo poco. E’ possibile trovare una quadra, scrivere una norma chiara? Oggi la distanza tra opinione pubblica e giustizia reale, “mediata” dal processo mediatico, è sempre più ampia, serve assicurare giustizia in tempi accettabili. Quando la sentenza arriva tardi nell’opinione pubblica si fa strada l’idea che non si voglia punire i colpevoli”.
Sul processo mediatico è intervenuto anche il presidente del Tribunale di Palermo Antonio Balsamo: “Penso che sulla separazione delle carriere tra giornalisti e pubblici ministeri siamo tutti d’accordo, è importante oggi una riflessione sul ruolo del giudice, che sbaglia quando adotta una sentenza che non piace al “tribunale del popolo”. Poi c’è il tema della tutela della privacy, al Senato c’è una interessante indagine conoscitiva del commissione Giustizia che sta esaminando quali dati sensibili si acquisiscono col trojan horse, uno strumento ancora più invasivo delle intercettazioni. Una buona riforma dovrebbe recuperare il principio della proporzionalità tra reati da perseguire e strumenti da adottare. Dall’altro lato, c’è il tema, importante, della pubblicità. La trattazione scritta in appello e Cassazione, per esempio, viola il principio che ci è imposto di assicurare la stessa pubblicità in tutti i gradi del giudizio”.