Ha vinto Grillo, ha perso Monti. Ha vinto Berlusconi, ha perso Bersani e l’apparato del Pd. Ha vinto Scilipoti, ha perso Di Pietro. Hanno perso i sondaggisti, ha vinto la vita reale. Ha perso il “porcellum”, ha vinto l’instabilità. Un’analisi lucida di questo voto non può prescindere da quella differenza alla Camera tra il 29,5% di Bersani ed il 29,1% di Berlusconi, pari allo 0,4% ed a poco più di centomila voti che però valgono un bottino di 340 seggi al centro-sinistra. Una vittoria di Pirro. Una differenza talmente sottile che sembra quella tra il sei meno meno e il cinque e mezzo a scuola e che io non ho mai capito ma che lasciava in mano all’insegnante il potere di farti perdere la materia o promuoverti.
Negli anni ’50 quando la Dc e De Gasperi vararono una legge elettorale che attribuiva il premio di maggioranza alla coalizione che avrebbe preso il 51% dei voti, i comunisti di Togliatti gridarono alla “legge truffa”, poi quella percentuale non fu raggiunta da nessuno e non se ne parlò più. Oggi abbiamo una legge che attribuisce il premio di maggioranza ad una coalizione che ha una maggioranza relativa dello 0,4%. Se non è una “truffa” in senso letterale è comunque una follia. E dobbiamo ringraziare tutti i parlamenti uscenti che non hanno voluto fare una riforma elettorale, consegnando il Paese alla rabbia ed al caos. Qualunque cosa accada una nuova legge è un dovere di questo Parlamento.
Andiamo dunque ai vincitori. Ha vinto Grillo dalle Alpi alle Madonie, ed ha vinto perché da ZERO deputati è passato dal 2008 ad oggi a 108 deputati e 57 senatori, con un 25,5% alla Camera ed un 23,79% al Senato. Alla Camera il M5S è il primo partito. E senza andare troppo lontano, in Sicilia, dove i grillini sono già il primo partito all’Ars, da ieri lo sono anche al Senato ed alla Camera, con percentuali da far riflettere: al Senato il 29,5% (il Pdl si è attestato a 26,38% ed il Pd a 18,49%), mentre in Sicilia 2, il nostro collegio, il 32,7% (con un Pd al 18,6% ed un Pdl al 26,8%). Persino a Messina il movimento non scherza, perché con il 27,67 alla Camera (32.443 voti), se la gioca per soli 124 voti con il Pdl al 27,77% . Il Pd si ferma al 22,21%, pari a oltre 26.000 voti, lo zoccolo duro genovesiano. Stando agli esiti sono ben tre i grillini messinesi che approdano a Roma: Tommaso Currò, Francesco D’Uva e Alessio Villarosa. Nella patria del centro-destra una differenza di appena 124 voti tra chi ha amministrato per decenni e chi no la dice lunga su un’ondata che è approdata anche in riva allo Stretto. Ha perso Monti e con lui Fini (Fli è scomparsa) e Casini.
Al Senato, in Sicilia centristi e montiani non ce l’hanno fatta ed alla Camera va D’Alia per il rotto della cuffia, in bilico fino all’ultimo e sembra che, almeno per quel che riguarda Messina una mano consistente l’abbia data il gruppo Picciolo. A Messina alla Camera, per fare solo un esempio del crollo centrista, l’Udc ha preso il 3,31% con 3.882 voti, ma Sel, che non ha governato Palazzo Zanca negli ultimi 4 anni (per non parlare degli ultimi 10), né continua a governare Palazzo dei Leoni o alla Regione, ha preso la stessa percentuale 3,02% con 3.544 voti. C’è poco da stare allegri in casa Casini dopo aver perso anche il senatore. Ovviamente su scala nazionale il risultato è peggiore perché da sempre è stata la Sicilia il granaio dei centristi. Ha vinto Berlusconi e su questo non c’è alcun dubbio. Ha fatto quel miracolo che all’inizio della sua discesa in campo era il suo slogan “il miracolo italiano”. Il Pd può storcere il naso quanto vuole sull’Imu e su Balotelli al Milan, ma la rimonta straordinaria del Pdl è targata Berlusconi. L’intera Sicilia ha scelto Grillo e Silvio senza nessuna ombra di dubbio. Che poi per strada abbia perso Lombardo e Miccichè sono bazzecole. Ha perso Bersani, ed ha perso a dicembre con quelle primarie che hanno visto prevalere la legge dell’apparato di partito contro Matteo Renzi.
Un errore che si è ripetuto alle primarie di fine dicembre quando i renziani sono rimasti fuori dovunque a favore di una schiera di nominati o eletti con “primarie” di varia interpretazione. E’ vero, Renzi è rimasto al fianco di Bersani, ma il popolo renziano ha scelto e tra le Bindi e le Finocchiaro, l’elettore di centro-sinistra che non voleva aspettare altri 5 anni per respirare ricambio e rinnovamento è andato dritto tra le braccia di Grillo. Questo Pd non ha il polso dell’elettorato, del suo elettorato, quello libero, che non ha la tessera.
Ha vinto Scilipoti e la sua logica, ha perso Di Pietro e la sua Italia dei Valori non c’è più in Parlamento. Ha perso “il porcellum” e se adesso ci ritroviamo un Paese ingovernabile la colpa è del vecchio Parlamento, della vecchia politica che non ha voluto cambiare la legge. Infine i sondaggisti che negli exit poll davano un dato clamorosamente smentito sei secondi dopo dalle proiezioni e dai dati reali. E non è la prima volta. Quindi, o gli italiani mentono e si vergognano di dichiarare per chi votano, o i sondaggisti sono sordi e capiscono lucciole per lampioni, o i campioni di votanti vengono scelti in preda ai fumi di chissà quale sostanza o non è più una scienza esatta.
Rosaria Brancato