musica

Herbert Schuch, uno straordinario pianista per l’associazione Bellini

MESSINA . Dopo l’inaugurazione, avvenuta la settimana scorsa, da parte dell’Accademia Filarmonica e della Filarmonica Laudamo, delle rispettive stagioni concertistiche, sabato scorso è toccato all’associazione musicale “V. Bellini” inaugurare al Palacultura la propria stagione.

Splendido inizio anche per questa Associazione, che, a differenza delle altre due, ha proposto per il concerto inaugurale un pianista solista, il rumeno Herbert Schuch, il quale si è reso protagonista di una performance davvero di altissimo livello.

Difficile e impegnativo (sia per l’autore che per il pubblico) il programma presentato da Schuch: le ultime due Sonate per pianoforte di Franz Schubert. D 959 e D 960.

Tali Sonate fanno parte di un trittico (insieme alla Sonata in do minore D 958) che Schubert compose nel 1828, appena due mesi prima dalla sua morte, che doveva essere dedicato al compositore Johann Nepomuk Hummel. Schubert non fece in tempo a far pubblicare le sonate con la dedica e queste furono pubblicate ben dieci anni dopo a cura dell’editore Diabelli, che le dedicò a Robert Schumann, in quanto nel frattempo Hummel era morto.

Non è frequente ascoltare nelle sale da concerto le ultime Sonate di Schubert, benché si tratti di capolavori eccelsi, forse per via della loro lunghezza, ed infatti le due Sonate hanno costituito, a parte i bis, l’intero concerto.

Nella prima parte della serata il pianista rumeno ha eseguito la penultima Sonata di Franz Schubert, La “Sonata in la maggiore, D. 959”. Di ampie proporzioni – come le altre due, tutte in quattro movimenti – si apre con un “Allegro” molto esteso, ricco di temi e di contrasti, che rappresentano i più svariati stati d’animo. La prima parte di questo movimento si conclude con una breve frase tematica, apparentemente secondaria, che invece costituirà il motivo principale di tutta la seconda parte del movimento, vero colpo di genio del musicista austriaco.

Il secondo movimento, un “Andantino” dal carattere mesto e rassegnato, ci riporta all’atmosfera triste e desolata della sua famosa raccolta di Lieder intitolata “Winterreise” (Viaggio d’inverno).

Lo “Scherzo” ha un carattere vivace e luminoso mentre con il bellissimo “Finale, Rondo Allegretto”, che ricorda vagamente l’ultimo movimento della Sonata op.90 di Beethoven, Schubert raggiunge quella agognata serenità, quasi una liberazione dopo tanti tormentati contrasti.

Durante la breve pausa, il Presidente dell’Associazione Musicale V. Bellini, Giuseppe Ramires, ha voluto porgere un breve saluto e ringraziamento al numeroso pubblico presente, ringraziando altresì il direttore artistico, Antonio Ramires, per l’eccellente stagione programmata.

La seconda parte della serata è stata interamente dedicata alla “Sonata in si bem. maggiore, D. 960”, l’ultima sonata di Franz Schubert, autentico testamento spirituale del compositore austriaco, almeno per quanto riguarda il pianoforte.

In quattro movimenti, spicca in particolare il primo – “Molto moderato” – di una lunghezza inusuale (più di venti minuti), che inizia con il dolce e cullante tema principale, subito interrotto, e capiterà più volte nel corso del brano, da un trillo misterioso (o minaccioso?) nei registri più gravi del pianoforte. Lo sviluppo, arricchito da un secondo tema altrettanto dolce, ma più mosso, è assai elaborato e ricco, tocca diverse tonalità, raggiunge accenti anche drammatici, ma l’atmosfera generale resta sognante, contemplativa, di infinita dolcezza. Anche gli altri movimenti non si discostano da questa atmosfera, soprattutto il secondo – “Andantino sostenuto” – dal carattere introspettivo e rassegnato; il brano è caratterizzato da un accompagnamento fisso e ostinato della mano sinistra, che restituisce uno stato d’animo allucinato, desolato, simile all’”Andantino” della precedente Sonata D 959.

Dopo un breve “Scherzo: Allegro vivace. Trio” dall’andamento alato e leggero, la Sonata si conclude con il “Finale, Allegro ma non troppo” un rondò concitato, un ritmo quasi di tarantella, che chiude serenamente l’esperienza pianistica di Franz Schubert, la cui poetica musicale è tutta miracolosamente compresa in questo capolavoro.

Straordinaria l’interpretazione delle Sonate di Schubert da parte di Herbert Schuch. Si tratta di sonate difficili sia sotto il profilo tecnico che sotto quello interpretativo, per via degli svariati stati d’animi che rappresentano, ma soprattutto per la profondità e complessità di alcuni momenti, che il pianista ha reso con una intensità impressionante, mi riferisco in particolare ai due movimenti lenti. Eccellente virtuoso, l’artista rumeno ha messo le sue straordinarie doti tecniche al servizio di una interpretazione sofferta e sentita, notevole in particolare la capacità di alternare efficacemente i “piano” e i “forte”, la rapida esecuzione degli accordi in fortissimo, l’uso sapiente dei pedali, e si potrebbe continuare a lungo.

Il pubblico ha riconosciuto tali virtù con fragorosi applausi e ripetute richieste di bis.

Herbert Schuch ha eseguito come bis due splendidi brani, seppure diversissimi fra di loro.

Prima, la celeberrima “Campanella”, lo studio virtuosistico che Liszt compose sul famoso tema dell’omonimo concerto per violino di Paganini, ove il pianista ha potuto sfoggiare tutte le sue qualità tecniche.

Infine, lo splendido Orgel-Choral BWV659 di Johann Sebastian Bach, nella trascrizione pianistica di Ferruccio Busoni. Si tratta di uno dei Corali di Lipsia, scritto per organo, intitolato “Nun komm’ der Heiden Heiland” (Ora vieni, salvatore delle genti), e fa parte della grande produzione sacra di Bach che ha visto la luce durante il suo soggiorno nella città tedesca. Un brano in cui si manifesta tutta la severa e profonda spiritualità luterana del grande musicista, eseguito dal pianista con una sensibilità e intensità tali tale da strappare autentiche ovazioni da parte del pubblico.