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I 100 anni di Placido, prigioniero degli americani nella Seconda Guerra mondiale

MESSINA – L’assessore con delega ai Servizi al cittadino Massimiliano Minutoli si è recato in visita nell’abitazione di Placido Pandolfino, un tranquillo vecchietto che oggi compie 100 anni, per portare gli auguri dell’Amministrazione comunale. Nel corso dell’incontro l’assessore si è intrattenuto con il festeggiato e alcuni membri della sua famiglia ascoltando piacevolmente il racconto di un secolo di vita travagliata narrata dall’arzillo nonnino. Placido Pandolfino è nato a Cumia Superiore nel Comune di Messina ed è il maggiore di cinque fratelli. Durante la seconda guerra mondiale è stato fatto prigioniero degli americani per ben due anni ed ha vissuto nei campi di prigionia nel sud degli Stati Uniti d’America. “Non era facile la vita in quegli anni – racconta Pandolfino – era dura ma si viveva serenamente con quel poco che si aveva. Purtroppo il papà si ammala e muore la vigilia di Natale del 1939. Questa perdita è una tragedia che getta nella disperazione tutti i membri della famiglia. L’unica fonte di sostentamento viene a mancare, ma la mamma, la signora Anna Radesi non si dà per vinta, bisognava andare avanti e crescere la numerosa prole. Così avvia una piccola attività commerciale, un forno, e tutta la famiglia dà una mano per portarla avanti”.

A febbraio del 1940 – prosegue la storia – chiamato per il servizio militare, parte per Acqui Terme in provincia di Alessandria e sarà utilizzato durante le stagioni fredde per spalare la neve nelle strade. Non lo manderanno al fronte perché è il figlio maggiorenne di una madre vedova e la sola fonte di sussistenza per tutta la famiglia. Infatti l’11 novembre 1940 viene congedato e ritorna a casa. Il signor Placido presenta una domanda di assunzione in ferrovia e inizia a lavorare a Messina. Giocherà a suo favore la situazione familiare, la morte del padre diventerà un’opportunità per essere assunto ed avere uno stipendio fisso. È sicuro di non partire più per il fronte essendo l’unica fonte di sussistenza per la madre e per i fratelli che sono tutti minori e tutto sembra andare per il meglio, ma in tempo di guerra la situazione può cambiare rapidamente e nel 1943 da Roma arriva un dispaccio in cui si dice che deve presentarsi alla caserma e partire per Palermo in attesa di destinazione. Nel frattempo la Sicilia è stata invasa dagli americani e il signor Placido a Salemi viene fatto prigioniero e trasferito negli Stati Uniti dove resterà per ben due anni. Vivrà in più campi di prigionia e con gli italiani prigionieri lavorerà a disboscare e tagliare legna. Non sarà trattato male ma è pur sempre prigioniero. Gli americani non vedono di buon occhio questi italiani alleati di Hitler e nemici degli Stati Uniti. Cerca di farsi forza, il suo pensiero è rivolto costantemente alla famiglia che ha dovuto lasciare in Italia. Nel frattempo la mamma, il fratello e le sorelle vivono nella preoccupazione poichè hanno ricevuto solo una lettera in cui si diceva che era caduto nelle mani degli americani e poi più nulla. Attendono con trepidazione l’arrivo del postino ma non giungono notizie per parecchi mesi. Molte domande si affollano nella mente della mamma. Poi, un giorno mentre sono fuori ad aspettare il postino che arriva al solito orario, lo vedono in lontananza agitare le braccia e urlare l’arrivo di ben diciannove lettere in una sola volta. Placido scrive che sta bene, racconta della sua vita in quel paese lontanissimo e chiede di poter rivedere i suoi cari almeno in fotografia. La famigliola decide di recarsi in uno studio fotografico in città, fare una foto tutti insieme e inviarla al loro congiunto. Placido conserva ancora questa foto, i figli stretti attorno alla madre che con viso severo guarda l’obiettivo. La buona sorte gli ha voluto bene, infatti finita la guerra, nel 1945 è stato rilasciato e con un piroscafo ha potuto fare ritorno in Italia. Con grande amore e dedizione si è preso cura dei suoi cari, ha accompagnato le sorelle all’altare, ha visto nascere e crescere i nipoti ed ha seguito in prima persona tutte le vicende belle e brutte di ogni componente della famiglia. Ogni qualvolta c’era bisogno, lui era al loro fianco. Adesso che ha raggiunto questo traguardo invidiabile, non essendo più autosufficiente, sono i suoi cari che lo accudiscono amorevolmente, soprattutto la sorella Antonietta e il nipote Filippo Morabito.

L’assessore Minutoli, a conclusione della visita, ha domandato al signor Pandolfino quale sia il segreto per una vita così longeva ed il simpatico centenario sottovoce ne ha rivelato la ricetta: “Circondarsi da amici sinceri, ascoltare i propri desideri, fare delle lunghe passeggiate tutti i giorni e seguire la dieta mediterranea. Da quando sono andato in pensione ho sempre fatto così, in tempi in cui non si parlava di stile di vita o di personal trainer o di palestra, ho sempre ascoltato il mio cuore”.