Si definiscono dipendenti anonimi. O forse invisibili. Perché dopo anni di lavoro, rinunce, sacrifici, false promesse e speranze, oggi si sentono l’ultima ruota di un carro che però hanno fatto girare negli ultimi trent’anni. Sono i lavoratori del Centro per l’Impiego di Messina.
Sono quelli più “anziani”, perché tra i primi ad approdare negli uffici di quello che oggi è l’ente regionale che si occupa di lavoro. E sono quelli che oggi sono inquadrati con le qualifiche più basse, sono di fatto impiegati ordinari. In pratica è come se avessero solo la licenza media e fossero stati assunti con selezioni dirette in cui non si richiedono particolari requisiti e non si fanno concorsi. Eppure hanno tutti il diploma, molti anche la laurea. Erano entrati con i loro titoli.
Dal 1996 sono dipedenti regionali, ma fino al 2006 erano precari. Poi arrivò la tanto agognata stabilizzazione. Ma con un’amara sorpresa. Perché all’epoca ci fu una sollevazione di un’altra categoria di lavoratori che si oppose alla stabilizzazione per titoli. E dunque furono tutti declassati. Chi aveva una categoria C passò alla B, chi aveva la B alla A. Chi di loro aveva una laurea subì di fatto una doppia declassificazione. E ci fu anche una selezione per essere stabilizzati.
A malincuore accettarono perché la prospettiva di chiudere i conti con il precariato era di certo quella che agognavano. Però li avevano rassicurati che nel giro di pochi mesi li avrebbero riqualificati. Così hanno continuato a lavorare con entusiasmo, svolgendo le stesse mansioni che avevano avuto fino a quel momento, anche se li avevano fatti retrocedere. Nel frattempo sono passati più di dieci anni e non si è mossa una foglia. Nel Centro per l’Impiego di Messina sono circa una sessantina. Ma il caso è regionale, tanto che a Palermo è in corso da mesi un braccio di ferro sindacale per il riconoscimento delle qualifiche superiori.
Loro vogliono lanciare un appello alla politica: “Vorremmo solo che ci riconoscessero la qualifica con cui siamo entrati. Si assumano le giuste responsabilità».
Il loro malcontento oggi nasce per le politiche che il Governo ha deciso di mettere in campo proprio sui centri per l’impiego. Il Ministro Nunzia Catalfo ha annunciato nuove assunzioni anche in Sicilia, dopo l’infornata dei navigator. Loro non vogliono puntare il dito contro nessuno, né scatenare una “guerra fra poveri”, cioè tra lavoratori. Però chiedono a gran voce di essere considerati prima di procedere a nuove assunzioni. Perché sono quelli che hanno sempre portato avanti gli uffici, che hanno svolto ruoli che secondo qualifica non competevano a loro. Ma non si sono tirati indietro.
Hanno portato avanti tutto il lavoro su Garanzia Giovani, dai colloqui con i ragazzi alla rendicontazione e i pagamenti. E per Garanzia Giovani hanno addirittura ricevuto numerosi elogi pubblici proprio per l’efficiente lavoro svolto. Hanno fatto lo stesso con l’asse che riguarda Avviso 22. Hanno formato i navigator arrivati con l’entrata in vigore del Reddito di Cittadinanza. Quindi oggi dicono solo di vedere le risorse che già ci sono all’interno dell’ente. Anche perché negli anni sono stati spesi anche tanti soldi per la loro formazione. Quindi perché oggi devono rimanere con contratti che li vedono essere praticamente l’ultimo anello della catena quando invece ne sono il motore?
Una situazione che a livello regionale si ripete uguale non solo nei Centri per l’Impiego ma anche in numerosi altri enti. Potrebbero immediatamente fare causa alla Regione perché sono stati utilizzati per mansioni che erano superiori al loro inquadramento. Si scatenerebbe una pioggia di ricorsi sulla Regione. Non escludono di percorrere anche questa via, se sarà necessario.
Prima di tutto però vorrebbero essere ascoltati e vorrebbero che la politica regionale in primis si assumesse le proprie responsabilità.
Francesca Stornante