Migranti: il governo Meloni e una parte dell’Europa confermano di voler continuare a chiudere gli occhi davanti alla realtà, a favore della propaganda. Con quest’ultima si possono vincere le elezioni ma non governare processi globali dalla forza inarrestabile. La forza dettata dal bisogno, dalla necessità, dalla disperazione. Altro che accoglienza e integrazione in una società sempre più multiculturale. Mentre il 21 settembre si celebra la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato – a Messina, alle 18, nella Sala multimediale dell’Istituto “Cristo Re” dei Padri Rogazionisti (viale Principe Umberto, 89) – risulta deprimente accostarsi a un tema così importante con la logica securitaria. Con la logica poliziesca di chi pensa di ridurre un processo epocale, come quello migratorio, a un problema del ministro dell’Interno e della polizia.
La conseguenza? Il modello politico diventa la logica dei muri, che saranno abbattuti dall’istinto alla sopravvivenza di chi è disperato. Un’altra politica sull’immigrazione è possibile ma sprofonda nell’illusione di derubricare a questione d’ordine pubblico il fenomeno migratorio.
Ma passiamo ai fatti. Il Consiglio dei ministri ha deliberato alcune modifiche e integrazioni al decreto legge per il rafforzamento economico del Mezzogiorno. E ha inserito norme di contrasto alla cosiddetta “immigrazione illegale”: “Si estende a 18 mesi (6 mesi iniziali, seguiti da proroghe trimestrali) il limite massimo di permanenza nei Centri per il rimpatrio (C.p.r.) degli stranieri non richiedenti asilo, per i quali sussistano esigenze specifiche (se lo straniero non collabora al suo allontanamento o per i ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione da parte dei Paesi terzi). Il limite attuale è di 3 mesi, con una possibile proroga di 45 giorni. Inoltre, si prevede l’approvazione, con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro della Difesa, di un piano per la costruzione, da parte del Genio militare, di ulteriori C.p.r., da realizzare in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili”.
Questo conferma l’impostazione propagandistica: invece di governare il fenomeno, di prevedere, in un’Europa che recuperi lo spirito democratico dei suoi padri fondatori, accessi legali per avere la possibilità di cercare lavoro e aspirare a una vita dignitosa, si vogliono creare nuovi ghetti. Come se non essere richiedenti asilo, ma partire per poter sopravvivere e aspirare a qualcosa di meglio rispetto alla miseria, sia un’aggravante, una colpa.
Corridoi umanitari, permessi per trovare lavoro, un’equa distribuzione di migranti in un’Europa non dei muri, ma di un’accoglienza che non ha nulla a che vedere con il buonismo: questa è l’unica strada nel segno del progresso e della giustizia. Ma anche della convenienza sul piano economico, dato che gli economisti da anni dimostrano quanto l’immigrazione possa produrre in termini di benefici per il prodotto interno lordo e vantaggi demografici.
Non bastavano gli accordi con la Libia sulla pelle dei migranti, le politiche dei ministri Minniti e Salvini, la pavidità e le responsabilità di centrosinistra e centrodestra. Ora il memorandum dell’Unione europea con la Tunisia, al di là degli intenti generici ufficiali, rischia di confermare la tendenza a considerare i migranti esseri umani da rispedire al mittente, facendo accordi con chi non rispetta i diritti umani.
Il governo Meloni, invece d’ammettere che le politiche sull’immigrazione italiane ed europee sono state un fallimento, assecondando una parte d’elettorato sordo a ogni cambiamento, alimenta ancora illusorie panacee di un ritorno ai confini tradizionali, con flotte navali e altri orrori giuridici.
Non solo abbiamo l’obbligo d’accoglienza nei confronti di chi scappa per sopravvivere, proveniente spesso da Paesi che abbiamo come Occidente depredato, ma è antistorico e irrealistico pensare di fermare l’immigrazione. Ecco perché va regolata nel segno dei diritti, della legalità e della giustizia. Solo così si possono combattere davvero i trafficanti di esseri umani.
Ma le politiche proposte dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dalla presidente Meloni, reduci dal viaggio a Lampedusa, non vanno in questa direzione. Così come non vanno in questa direzione le politiche di troppi Paesi in Europa e non solo quelle di Polonia e Ungheria. “Puntiamo a rafforzare i provvedimenti di espulsione e ad aprire un Centro per i rimpatri in ogni regione”, dichiara il ministro dell’Interno Piantedosi.
E così a un’Europa delle libertà, della pace e della cooperazione possiamo sostituire un’Europa delle caserme per migranti e dei confini chiusi. Ma è solo un’illusione perché “la storia non si ferma davvero davanti a un portone, la storia entra dentro le stanze, le brucia, la storia dà torto e dà ragione” (De Gregori). E in questo caso non si ferma nemmeno davanti a un muro o un Centro di rimpatrio.