Politica

Il 2024 di Messina: lavoro, casa e giustizia sociale per ripartire

MESSINA – Un’idea di futuro ci salverà. Lavoro. Casa. Diritti. Doveri. Giustizia sociale. Libertà e qualità della vita. Se dovessimo immaginare il 2024 per Messina vorremmo, per un attimo, non farci prendere dall’ansia per il lavoro che non c’è. Per gli sfratti. Per le enormi sperequazioni, da città sudamericana, tra i pochissimi che hanno molto e i tanti che non hanno quasi nulla. È il lavoro la vera sfida. Da qui dipende il futuro di Messina.

Lo abbiamo scritto tante volte e continueremo a farlo: o si affronta il disagio sociale e si crea occupazione o Messina affonda. Una città dove ogni anno duemila persone vanno via alla ricerca di un impiego o di un altro luogo dove studiare. Ma sono di più a scappare perché molti, pur emigrando, mantengono la residenza d’origine in una fase iniziale. Nell’ultimo decennio, la fuga ha riguardato circa 35mila persone, nella fascia d’età 18-39 anni. Da considerare un tasso di denatalità notevole e un aumento costante dell’invecchiamento della popolazione.

Più di 4mila persone private del reddito di cittadinanza

Si tratta di una realtà in cui, compreso il territorio della Città metropolitana, da aprile a giugno hanno chiuso 1768 imprese. E non basta: più di quattromila persone, dato in fase d’aggiornamento, risultano senza più reddito di cittadinanza, in un contesto nel quale latita l’alternativa in termini d’occupazione. E, dove ci sono, come osserva il Sindacato unitario nazionale inquilini assegnatari, “ventimila case vuote in città, mentre migliaia di famiglie, almeno tremila, sono in cerca di abitazione”.

Come ricorda la Cgil, il tasso di occupazione femminile è del 24,2% contro la media nazionale del 37,7%. Il tasso di disoccupazione complessivo è del 21,5% rispetto a una media nazionale dell’8,2%. Il tasso di disoccupazione giovanile, nella fascia 15-34, del 32%. Senza dimenticare i giovani che non lavorano, non studiano, non sono in fomazione e non cercano occupazione: i cosiddetti “Neet”. In Sicilia addirittura il 40 per cento.

Lo evidenziava di recente Antonio Currò, segretario dell’Unione inquilini, commentando l’ennesimo rinvio di uno sfratto: “Il Comune manca di una strategia nell’affrontare lo tsunami sociale degli sfratti e degli sgomberi, che aumentano in un terreno nel quale si è carenti di politiche abitative. Tutto ciò va invece trattato alla stregua degli altri servizi per i cittadini, come elemento essenziale. Servono un’azione costante e un progetto”.

A cosa serve la politica se non a cambiare le cose?

Serve un piano strategico che tenga insieme tutto: dalla disoccupazione agli incentivi alle imprese; dal problema casa all’emarginazione sociale di quote crescenti di persone. Non sono emergenze. Sono elementi strutturali di una società che non funziona. A che cosa serve la politica se non a cambiare le cose? E occorre, a tutti i livelli, una visione. Una visione politica, che non si compra al calciomercato. Il tempo passa e la crisi è profondissima.

Sul piano concreto, si devono sfruttare la fiscalità di vantaggio e le possibilità di investimento infrastrutturale che potrebbero venire dalla Zes (Zona economica speciale). Il 2024 sarà infatti nel segno di un’unica Zes per tutto il mezzogiorno e da qui bisogna ripartire.

Serve tutto: il contenitore da riempire dell’I-hub dello Stretto, le aree dismesse artigianali da rianimare e ogni altra potenzialità del territorio vanno messi in circolo. Occorre una rete virtuosa di idee e persone che comunichino in ogni parte del mondo. Il tempo del provincialismo è finito. Cultura, turismo, università, agricoltura, industrie non hanno bisogno di confini angusti.

Ne riparleremo. Intanto, auguri Messina. Ne hai proprio bisogno.